Additare una persona prima di un regolare processo è gravemente sbagliato, soprattutto se si tratta di un artista e non del “Nemico pubblico numero 1”. I problemi reali, gravi ed urgenti, sono altri. Questo tipo di accanimento, anche pubblico, oltre ad essere inutile, rischia di distruggere vite.
Ogni mobile che abbiamo in casa ha un designer, ogni casa in cui ci sentiamo al sicuro ha un architetto, ogni quadro che ammiriamo ha un pittore, ogni app o notifica per cui viviamo, un team di creativi.
Tutti i piatti da cui mangiamo, o i bicchieri da cui beviamo, hanno un artigiano ed ogni pietanza che assaporiamo, un cuoco.
Ogni progetto un geometra, ogni scultura che divinizziamo uno scultore, ogni canzone che ci ha emozionato un cantante. Anche ogni libro che abbiamo letto ha un letterato, ogni pezzo di stoffa che indossiamo uno stilista; ogni pensiero che perpetuiamo un filosofo, ogni tatuaggio stampato sulla pelle un tatuatore. Tutti i film che abbiamo visto hanno un regista ed ogni mezzo con cui ci spostiamo un ingegnere.
Tutte persone che nella loro singolarità hanno usato tecnica e novità, che hanno pensato e realizzato concetti ed abitudini che abbiamo normalizzato, o reso mercato. Senza l’Arte non avremmo né turismo né critica, senza Arte probabilmente non sapremmo neanche da dove arriviamo.
Nonostante ciò, in quasi ogni contemporaneità, sopratutto la nostra, si dà al supporto, al committente, al critico o alla politica la prerogativa di determinare arte un elaborato a dispetto di un altro.
È la società che determina ciò che ci piace e ciò che è giusto; senza capire che il pensiero è determinato da millenni di artisti con una mente uguale a quella di coloro che ostracizza. E, come un vecchio intorpidito che vuole morire con le sue idee, l’uomo contemporaneo, di ogni contemporaneità, non si renderà mai conto del momento che vive.
Voltando lo sguardo alla novità ed al cambiamento, preferendo additare una intera generazione di artisti di non essere Michelangelo e affossandola; continuando a guardare a quanto erano bravi in passato, standosene in silenzio, nella quotidiana catarsi espressa, cercando il pensiero che guida, preferendo ad essa l’arrogarsi di diritti su inventiva e creatività (due cose che non fanno male alle vite di nessuno); marchiare come criminali, danneggiatori, deturpatori di beni artistici li stessi artisti, è un paradosso enorme in questo contesto. Li stessi artisti che non usano strumenti di morte, ma donano riflessioni, stimoli e creatività.
Centinaia di bombolette spray, migliaia di adesivi, funi, estintori, corde, lucchetti, sei telefoni cellulari, computer, pennelli, rulli e secchi di vernice.
Virginia Raggi tramite Instagram
Si tratta del materiale che il Nucleo Ambiente e Decoro della nostra Polizia Locale ha sequestrato al writer romano noto come “Geco” che, insieme all’assessore Linda Meleo, avevamo già denunciato per aver deturpato diversi edifici della nostra città.
Grazie al lavoro del Nad, e a un anno di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, i nostri agenti sono riusciti a identificare il writer. I magistrati hanno poi disposto perquisizioni domiciliari e nei mezzi a sua disposizione. Era considerato imprendibile, ma ora Geco è stato identificato e denunciato.
Ha imbrattato centinaia di muri e palazzi a Roma e in altre città europee, che vanno ripuliti con i soldi dei cittadini. Una storia non più tollerabile.
L’artista non può essere legato a regole o a canoni, è il fruitore a voler inserire ciò che vede nelle sue personali linee guida; ma ciò non rende arte un’espressione a dispetto di un’altra.
Finché l’essere umano vivrà di storia passata e non capirà di esserci dentro, l’arte sarà riconosciuta solo a posteriori; e l’artista continuerà a morire solo come un Van Gogh. Per l’unica colpa di aver voluto rendere la propria visione un regalo per il mondo.
Articolo a cura di Thauma