Il Narciso e Boccadoro (1930) è una delle opere più conosciute di Hermann Hesse, pietra angolare della sua fortuna letteraria.
Il tema centrale del racconto è, come in altri scritti dell’autore, l’infinita alternanza e tensione tra le polarità dell’esistenza, un movimento incessante che accomuna l’universo fenomenico all’interiorità dell’essere umano.
In questo incontro delle differenze non si trova una vera e propria sintesi, quanto un riconoscimento dell’altro come necessario all’economia globale dell’esistenza ed un conseguente approfondimento della conoscenza di se stessi, sia come individualità che marca i propri confini dal restante paesaggio delle molteplici possibilità, sia come presa di coscienza delle variabili esistenti all’interno dell’individuo stesso.
La storia narra dell’amicizia senza tempo tra Narciso, inflessibile monaco del convento di Mariabronn, e Boccadoro, un giovane ragazzo ancora indeciso sulla strada da seguire nella vita, ma portato dal padre nello stesso convento per ricevere un’educazione religiosa e secolare.
Narciso, impeccabile nella sua continua ricerca di un’elevazione spirituale che domini i sensi, riconoscerà in Boccadoro delle potenzialità particolari, tanto da consigliargli di abbandonare la vita monastica per divenire ciò che è, come direbbe Nietzsche.
Boccadoro, grazie ai consigli del suo grande amico fraterno e grazie ad alcune esperienze vissute durante la sua formazione al convento, deciderà di seguire la via del vagabondaggio. Seguiranno numerose vicende che metteranno a confronto la scelta ascetica di Narciso con quella estetica di Boccadoro, senza mai giudicare l’una migliore dell’altra, ma riconoscendo ad entrambe la loro validità e i loro limiti.
Ognuno dei due protagonisti resterà affascinato dalle peculiarità esistenziali dell’altro, senza per questo abbandonare la propria esternazione di sé. Bellissimo al riguardo uno dei dialoghi conclusivi dell’opera:
Boccadoro: “Voi pensatori e teologi mi pare riusciate meglio a spuntarla con la vita, a difendervi dalla disperazione. Io non t’invidio più da un pezzo, amico mio, per la tua scienza, ma t’invidio per la tua tranquillità, per la tua equanimità, per la tua pace”.
Narciso: “Non dovresti invidiarmi, Boccadoro. Non c’è una pace così come tu la intendi. C’è la pace, senza dubbio, ma non una pace che alberghi durevolmente in noi e non ci abbandoni più. C’è solo una pace che si conquista continuamente con lotte senza tregua, e tale conquista dev’essere rinnovata giorno per giorno. Tu non mi vedi lottare, non conosci le mie battaglie nello studio e neppure quelle nella cella delle preghiere. E’ bene che tu non le conosca. Tu vedi solo che io sono soggetto meno di te agli umori variabili e credi che ciò sia pace. Ma è lotta, è lotta e sacrificio, come ogni vera vita, come anche la tua”.
Un libro intuitivamente autobiografico, che parla tra le righe dell’amicizia tra Hesse e il poeta Hugo Ball, firmatario nel 1927 della prima biografia dello scrittore.
Un libro assolutamente da leggere.