Anche quest’anno è stato un anno strano per il Cinema, ma anche quest’anno sono riuscito ad andarci un bel po’, nonostante sia sempre più dura.
Infatti l’anno è cominciato con le sale chiuse e quando hanno riaperto ne è passato di tempo prima che arrivassero dei film interessanti in sala.
E nonostante il periodo difficile, non riesco bene a capire perché, i film rimangono in sala sempre meno e si passa da momenti di vuoto totale ad altri in cui è impossibile veder tutto.
Ma diamo uno sguardo ai vari film che sono riuscito a guardare:
“Minari“ di Lee Isaac Chung
Forse sarà stata l’attesa per il ritorno in sala, oppure il fatto che era stato incensato troppo durante il periodo dei premi, ma devo dire che il film mi ha mezzo deluso.
Chiariamo subito che è un ottimo film, che parla di radicamento in un modo delicato ma efficacissimo, ma come ho detto probabilmente avevo delle aspettative troppo alte.
Ne consiglio comunque la visione.
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“Nomadland“ di Chloé Zhao
Idem come sopra, stavolta la delusione è stata anche maggiore perché di questo film se ne era parlato molto di più ed è anche il Leone D’Oro di Venezia (scippato a “Quo Vadis, Aida?”, secondo il sottoscritto).
Anche qui si tratta di un ottima pellicola, non sto dicendo il contrario, ma è sicuramente un film che in un’altra fase storica sarebbe passato del tutto inosservato.
Fotografia eccezionale e la McDormand è incredibile come sempre, anche l’argomento trattato, quello del nomadismo, un fenomeno in fortissima espansione negli Stati Uniti affrontato molto bene, ma come dicevo anche prima ha disatteso le mie aspettative.
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“Rifkin’s Festival“ di Woody Allen
Ecco invece un film che mi ha fatto l’effetto contrario.
Era stato così tanto stroncato da tutti che invece mi ha intrattenuto e mi ha divertito, come quasi tutti i film di Allen.
In questo film si sente tutto l’amore per il cinema del regista newyorkese che nel contempo omaggia i suoi film cult (da Fellini a Buñuel, da Godard a Bergman, rifacendo scene cult così bene che sembrano davvero uscire dal passato) e critica il cinema di oggi (il personaggio interpretato da Louis Garrell è lo stereotipo del regista hipster scollegato con la realtà che fa parte del nostro presente).
Consigliato ai cinefili.
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“In the Mood for Love“ di Wong Kar-wai
La più bella non storia d’amore della Storia del Cinema, ho avuto modo di vederlo in sala per la prima volta.
Un capolavoro di cui c’è poco da dire, se non che è da vedere a tutti i costi.
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“Due” di Filippo Meneghetti
Ecco il primo vero colpo di fulmine dell’anno.
Un film francese di un regista italiano che la Francia ha presentato come testa di serie per gli Oscar, purtroppo senza riuscire ad entrare nella short list.
È una storia d’amore tra due vicine di casa, due donne mature che si amano in segreto da decenni e che si troveranno davanti ad uno stravolgimento delle loro vite in seguito ad un evento improvviso.
Un film davvero bellissimo che fa piangere con il sorriso.
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“The Father” di Florian Zeller
Questo è probabilmente il film più bello dell’anno.
È la storia di un malato di Alzheimer vissuta dal suo punto di vista, in chiave thrillerosa.
Un film per cui mi sento di potermi sbilanciare e poter definire capolavoro anche se è uscito da molto poco, con un Anthony Hopkins fenomenale e con il pregio di non essere mai pietista.
Davvero incredibile.
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“Corpus Christi“ di Jan Komasa
La vita di un ragazzo problematico cambia a causa di un equivoco che lo fa diventare prete, con risultati sorprendenti nella sua comunità.
Un film davvero bello nella sua semplicità.
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“The Conjuring – Per ordine del diavolo“ di Michael Chaves
È il primo The Conjuring senza James Wan e si sente.
Ormai non è neanche un film horror, ma un cinecomic ambientato nel Conjuringverse.
Intrattenimento fine a se stesso.
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“L’occhio di vetro“ di Duccio Chiarini
Un nuovo documentario del bravissimo regista toscano, stavolta iper personale, che racconta la sua ricerca nel passato fascista della nonna e della sua famiglia.
Un film intimo, incredibilmente senza giudizio.
Davvero molto bello.
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“Gunda” di Viktor Kossakovsky
Un documentario con una fotografia eccezionale fatto di soli suoni ambientali, che tratta della storia di una scrofa e dei suoi cuccioli.
Veramente bello e ambientalista, ma difficile da fruire fuori da una sala.
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“A Quiet Place II“ di John Krasinski
Il primo film mi aveva davvero sorpreso e questo sequel, per quanto sia fondamentalmente la copia del precedente, non mi è dispiaciuto per niente.
Inoltre ha una scena iniziale pazzesca in cui viene raccontato l’inizio della fine, il giorno zero che era totalmente assente nel primo capitolo della saga.
Bellissimo.
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“Black Widow“ di Cate Shortland
Filmetto della Marvel che non sconvolge la macro-trama principale, se non per aggiungere il personaggio riuscitissimo di Yelena Belova, interpretato fantasticamente da Florence Pugh.
È fra i meno interessanti del MCU, ma sempre gradevole per i fan del franchise.
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“La notte del giudizio per sempre” di Everardo Gout
Sono un fan della saga che, sorprendentemente, è sempre riuscita a differenziarsi.
Questo quinto capitolo in realtà è quello che mi ha convinto meno (insieme al quarto che raccontava le origini dello sfogo), ma è sempre intrattenimento piacevole.
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“Old” di M. Night Shyamalan
Niente, questo film per me non funziona assolutamente, oltre ad essere stato completamente spoilerato dal trailer.
Ha talmente tante cose che non tornano che non so da dove cominciare, inoltre lo Shyamalan twist è diventato così integrato con la poetica del regista che non riesce a farne a meno anche quando non se ne sente minimamente il bisogno.
Mi auguro che il prossimo Shyamalan twist sia il fatto che nel prossimo film non ci sia.
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“Il Signore degli Anelli: La trilogia” di Peter Jackson
In pochi giorni ho potuto recuperare in sala tutti e tre i film di Peter Jackson nella loro forma cinematografica (negli anni avevo sempre e solo rivisto la versione extended) e c’è poco da dire: la più grande opera cinematografica della Storia del Cinema.
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“La casa delle stelle” di Juan Josè Campanella
Il regista del bellissimo Il segreto dei suoi occhi (madonna quanto cazzo è bello quel film) torna con una commedia nera che racconta una strana vicenda che rispolvera le vecchie glorie del cinema argentino.
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“The Suicide Squad” di James Gunn
Finalmente il regista dei “Guardiani della Galassia” è riuscito a fare il blockbuster della Troma.
Uno dei film migliori dell’anno, il vero cinecomic per adulti che diverte e ha comunque una critica al sistema americano al suo interno che lascia spiazzati per quanto è puntale e brutale, esattamente come fanno i migliori fumetti.
Un film dove il sangue scorre a fiumi, senza mai risultare fastidioso, dove si ride tantissimo e che si smarca in modo elegante dal suo predecessore e da tutto il disastroso universo condiviso della Warner/DC.
Consigliatissimo!
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“Free Guy” di Shawn Levy
Uno dei blockbuster “originali” più divertenti dell’anno.
Per originale intendo che non è strettamente correlato ad un’IP specifica, sebbene ne citi tantissime, un po’ come fece “Ready Player One”.
Si tratta della una storia di un PNG (Personaggio Non Giocante) di un videogioco stile Fortnite che prende coscienza di sé e della storia dei suoi sviluppatori.
Una cazzatona, ma super divertente.
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“Frammenti dal passato – Reminiscence” di Lisa Joy
Probabilmente tra i film più brutti che abbia mai visto al cinema, una pappardella così noiosa che la dimenticavo mentre la stavo guardando.
Ricordo di essere uscito dalla sala senza aver la minima idea di cosa avessi visto e di quale fosse la trama.
La cosa più deludente è che ci prova tantissimo ad essere un film di fantascienza adulta, ma fondamentalmente è solo una grandissima rottura di coglioni.
Terribile.
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“Madri Parallele” di Pedro Almodovar
Primo film di questa bellissima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Un film bellissimo sull’impossibilità di seppellire e nascondere il passato e Almodovar è in formissima come quasi sempre (facciamo finta che quel troiaio sull’aereo non esista).
Lo consiglio.
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“Les Promesses” di Thomas Kruithof
Un bel film francese socio-politico che parla di promesse come moneta di scambio di potere.
Bravissima, come sempre, Isabelle Huppert.
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“The Power of the Dog” di Jane Campion
Ecco la delusione dell’anno.
Un film western di una lentezza insostenibile in cui non sono riuscito a credere neanche per un secondo che Benedict Cumberbatch fosse un cowboy.
È un film che parla di mascolinità tossica e omosessualità repressa, ma è tutto talmente palloso che anche questo tema importante ne esce malissimo.
L’unico modo in cui si sarebbe potuto salvare sarebbe stata una rivelazione finale in cui veniva fuori che si trattava di un viaggio nel tempo del “Doctor Strange”.
Poi sicuramente vincerà mille premi e diecimila Oscar, ma per me rimane un film mal riuscito con una bellissima confezione.
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“È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino
Uno dei problemi più evidenti della filmografia di Sorrentino è che da un certo punto in poi si è concentrato solo sulla forma e quasi per niente sulla sostanza.
In questo buon film autobiografico invece si mette a nudo e sottolinea lui stesso i limiti del suo passato cinematografico recente.
Il finale è un po’ una sorrentinata, ma alla fine sono troppo più i punti a favore che quelli contro, quindi è un film che consiglio assolutamente.
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“The Card Counter” di Paul Schrader
Per me Paul Schrader è una sicurezza e questo film rientra tra i migliori di Venezia e i migliori dell’anno.
È una storia talmente particolare che non voglio spoilerare niente, ma consiglio tantissimo la visione.
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“Scene di un Matrimonio” di Hagai Levi
Si tratta di un’esperienza atipica e particolare, ovvero l’aver visto tutta la miniserie di cinque puntate in sala a Venezia. Al contrario del film della Campion, nonostante le cinque ore e la tematica (la storia di un divorzio), mi è passato benissimo.
Si tratta del remake della serie televisiva – ridotta poi a film di tre ore – di Bergman, solo con i ruoli invertiti, interpretati rispettivamente da Oscar Isaac e Jessica Chastein.
Davvero ben scritta, ben recitata e da vedere a tutti i costi.
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“La figlia oscura” di Maggie Gyllenhaal
Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Elena Ferrante nonché opera prima di Maggie Gyllenhaal.
Invece che essere ambientato in Italia, in questa versione la storia si svolge in Grecia, ma pare essere abbastanza fedele all’opera originale (non posso confermarlo perché non ho letto il libro).
Ad ogni modo non mi ha fatto impazzire, ma direi che è una buonissima opera prima e Olivia Colman è bravissima come sempre.
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“Spencer” di Pablo Larraín
Un bellissimo biopic in chiave horror (in molti hanno notato le analogie con “Shining”) sulla principessa Diana.
Mi è piaciuto tantissimo e Kristen Stewart è pazzesca.
Davvero un bel film.
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“Dune” di Denis Villeneuve
Il più bel blockbuster d’autore dai tempi di “Mad Max: Fury Road”.
È ciò che tutti i fan di “Star Wars” (trilogia originale) dovrebbero volere da adulti.
Una space opera gargantuesca.
Uno dei migliori film dell’anno.
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“True Things“ di Harry Wootliff
Un pallossissimo film su una relazione tossica.
No, grazie.
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“Last Night in Soho” di Edgar Wright
Bellissimo film del regista della trilogia del cornetto, stavolta in un thriller psicologico a tinte horror, dove però non manca la sua vena umoristica.
È la storia di una ragazza della campagna inglese appassionata di moda che si trasferisce a Londra, ma quando si addormenta inizia a rivivere la vita di una cantante della Swingin’ London degli anni ’60 ed inizierà ad indagare su ciò che le successe.
Le due giovani attrici protagoniste, Thomasin McKenzie e Anya Taylor-Joy, sono pazzesche e la performance di quest’ultima che canta “Downtown” a cappella vale il film.
Consigliatissimo!
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“Competencia Oficial” di Mariano Cohn e Gastón Duprat
Questo è forse il film che mi ha colpito di più di questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Dai registi del bellissimo Il cittadino illustre, racconta la storia della preparazione di un film da parte di una regista (la bravissima Penelope Cruz) con due attori agli antipodi, la star hollywoodiana (Antonio Banderas) e il grande Maestro che viene dal Teatro (Oscar Martinez), che si sfideranno a colpi di ego.
Divertentissimo, forse apprezzato più di dagli addetti ai lavori (che lo ameranno) che da un pubblico più ampio, ma per me è uno dei film più belli dell’anno (prossimo, perché non è ancora uscito).
Da vedere a tutti i costi!
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“Full Time” di Eric Gravel
Un’ottimo film francese che racconta le difficoltà di una madre lavoratrice divorziata.
Ricorda molto il bel film “Sole, cuore e amore” di Daniele Vicari.
Da vedere!
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“Sundown” di Michel Franco
Un uomo (Tim Roth) in vacanza in Messico insieme a dei familiari, prima di ripartire, si accorge di aver lasciato il passaporto in albergo. Torna a recuperarlo, ma in realtà decide di restare in vacanza ad Acapulco e smette di rispondere al telefono. Allo spettatore toccherà capire cosa sta succedendo e perché.
Un film semplice ma complesso che, nonostante la critica l’abbia stroncato, per me è molto interessante e da vedere.
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“Mona Lisa and the Blood Moon” di Ana Lily Amirpour
La regista del bellissimo “A girl walk alone at night” torna con un film a cavallo tra il fantasy, il thriller e il supereroistico.
Una ragazza con dei super poteri scappa da un istituto dove era confinata e inizia una fuga rocambolesca.
Molto divertente.
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“Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli” di Destin Daniel Cretton
Questo è il primo film della fase 4 del Marvel Cinematic Universe che affronta il mondo post-Endgame (quello precedente era “Black Widow” che era ambientato post-Civil War), tema toccato in “Spiderman: Far From Home” (che faceva comunque parte della fase 3) e nelle serie disponibili su Disney+ (“Wandavision”, “Falcon and the Winter Soldier”, “Loki” e “What If”…), ma stavolta si iniziano ad intuire le intenzioni di questa nuova serie di film.
L’origin story di Shang-Chi, oltre che essere una grande operazione di lancio nel mercato cinese, ha però la forza di contaminarsi con altre “testate” del MCU (“Iron Man”, “Doctor Strange”, “Antman”), facendoci capire che questa nuova fase punterà a consolidare l’idea di universo condiviso (forse meglio dire multiverso).
Come ho ripetuto più volte, per me è la miglior trasposizione possibile del linguaggio fumettistico cartaceo dell’universo Marvel (che io continuo a frequentare sin dalla mia infanzia), quindi a me il film è piaciuto ma, come sottolineo sempre, è una parte di un macro-progetto che, se non vi ha appassionato fino ad ora, difficilmente ci riuscirà.
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“Mondocane” di Alessandro Celli
Ad un film post-apocalittico italiano ambientato a Taranto non posso non voler bene.
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“The Elephant Man” di David Lynch
Film meraviglioso che non avevo mai visto prima, una di quelle classiche lacune che ti riprometti sempre di recuperare ma non fai mai.
Fortunatamente è stato riproposto in sala perché il restauro era uscito proprio a ridosso dell’inizio della pandemia.
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“Il Buco” di Michelangelo Frammartino
Il vincitore del premio speciale della Giuria (di solito il premio più interessante) è il racconto di una spedizione di un gruppo di speleologi provenienti dal Nord che negli anni 60′ si addentra all’interno dell’inesplorato Abisso di Bifurto, una grotta profonda 683 metri nel Parco Nazionale del Pollino.
Film visivamente molto bello ma, forse perché lavoro molto nel linguaggio audiovisivo immersivo, in cui non sono riuscito a immergermi totalmente.
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“Titane” di Julia Ducournau
La controversa Palma d’Oro di Cannes è sicuramente un film particolare e visivamente incredibile, ma a mio avviso c’è troppa carne al fuoco e non si capisce bene (o almeno io non l’ho capito) cosa voglia raccontare.
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“Ghostbusters: Afterlife” di Jason Reitman
Film che mi ha divertito nell’immediato, ma che già dal giorno dopo rivela essere valido solo come celebrazione del cult originale.
Sicuramente ha cuore, ma al contrario del suo antenato non è destinato a rimanere.
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“La Famiglia Addams 2” di Greg Tiernan e Conrad Vernon
Secondo capitolo del buon film di animazione del 2019, non riesce ad essere altrettanto buono, ma si fa vedere.
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“The Eye of Tammy Faye” di Michael Showalter
Questo film è lo stesso tipo di operazione che Margot Robbie ha fatto con I, Tonya o Charlize Theron ha fatto con Monster, ovvero un film in cui l’attrice di turno, in questo caso la bellissima Jessica Chastain, è anche produttrice e si mostra in versione imbruttita per puntare all’Oscar.
È ciò che tecnicamente si chiama dramatization, ovvero la versione filmica di un documentario omonimo (stesso tipo di operazione fatta da Zemeckis con “Man on Wire” e “Marwin”).
Il film è ben fatto, ma tratta di un argomento troppo americano, quello dei telepredicatori, che è un po’ troppo distante dalla nostra cultura.
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“Venom: La furia di Carnage” di Andy Serkis
Il cinecomic più brutto degli ultimi anni.
Veramente imbarazzante.
Un vero peccato perché ci sono due dei personaggi più interessanti del mondo Marvel.
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“Freaks Out” di Gabriele Mainetti
Un film italiano così non si era mai visto e chi non l’ha ancora visto deve recuperarlo a tutti i costi.
Forse narrativamente meno quadrato del precedente “Lo chiamavano Jeeg Robot”, ma è talmente diverso come intenzioni che è sbagliato metterli al confronto.
È la storia di un gruppo di freak con super poteri che lavorano in un circo itinerante, ambientato a Roma durante la seconda guerra mondiale.
Il duo Mainetti e Guaglianone dimostra ancora una volta di essere eccezionale nel delineare il villan.
Visivamente mangia in testa a tutti gli altri blockbuster usciti quest’anno (escludendo “Dune”) e il pensiero che mi ha attraversato la testa durante tutta la visione è “ma come è possibile che questo film sia costato SOLO dodici milioni?”.
Bellissimo!
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“Drive My Car” di Ryusuke Hamaguchi
Uno dei film di cui si è parlato di più durante Cannes, bellissimo nonostante fossimo entrati in sala in tre e l’abbia finito di vedere solo io.
Difficile raccontarne la trama, soprattutto perché il film “inizia” dopo una lunghissima intro di oltre quaranta minuti.
Dura tre ore, che si sentono tutte, ma di cui non c’è un minuto di troppo.
Veramente bellissimo, ma premetto che la lunghezza può essere respingente per il pubblico più generalista.
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“Effetto Notte” di François Truffaut
Come lo ha definito Nico di Devastante: Boris Ante Litteram.
Capolavoro meta-cinematografico che racconta il fare Cinema in modo meraviglioso.
Ho già detto Capolavoro?
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“Eternals” di Chloé Zhao
In molti lo hanno odiato, ma secondo me questa nuova proposta del Marvel Cinematic Universe è davvero interessante.
Come dicevo parlando di Shang-Chi, anche questo film amplia il discorso dell’universo Marvel, stavolta parlando dei Celestiali, le divinità che hanno creato tutto, compresi gli Eterni, una sorta di protettori dell’umanità.
Il film ha il pregio di lasciare lo spettatore con un grande dubbio, cosa che per me è sempre positiva.
È sicuramente il film Marvel più DC (non DC/Warner, parlo dei fumetti).
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“The Last Duel” di Ridley Scott
Film meraviglioso!
È una di quelle opere che purtroppo temo non rivedremo più, un blockbuster vecchia maniera che dimostra la grandiosità di Scott ancora una volta.
È la storia (realmente accaduta) del duello tra Jean de Carrouges e Jacques Le Gris, due amici diventati rivali.
Quando la moglie di Carrouges viene stuprata da Le Gris, cosa che lui nega, lei non rimane in silenzio e lo accusa.
La peculiarità del film è che la storia è raccontata dai tre punti di vista e si differenzia in piccoli enormi dettagli.
Bravissimi tutti gli interpreti.
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“The French Dispatch” di Wes Anderson
Il più brutto film della filmografia di Wes Anderson.
Un film ad episodi di cui salvo giusto quello con Benicio Del Toro.
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“Annette” di Lois Carax
Lois Carax è un regista particolarissimo che qualche anno fa ha realizzato il magnifico “Holy Motors” e che stavolta si cimenta in un musical totalmente punk a tinte horror che non è proprio facilissimo.
A me non è dispiaciuto per niente, ma siamo anche qui siamo entrati in sala in tre e ho finito di vederlo solo io.
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“Mulholland Drive” di David Lynch
Uno dei film più belli della Storia del Cinema, lo ricordavo molto più criptico di come è.
Quando uscì nel 2001 lo andai a vedere due volte di fila.
Meraviglioso!
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“La persona peggiore del mondo” di Joachim Trier
Forse il film di Cannes che mi è piaciuto di più, insieme a “Drive My Car”.
È la storia di una ragazza trentenne che cerca di orientarsi nella sua vita e di darle una direzione.
Mi è piaciuto molto e consiglio la visione in lingua originale.
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“Il Legionario” di Hleb Papou
Avevo avuto il piacere di vedere il cortometraggio omonimo qualche anno fa perché conosco lo sceneggiatore e devo dire che questo film racconta l’Italia di oggi come pochi altri.
È la storia di un celerino di colore che dovrà fare i conti con le sue origini.
Davvero un bel film che uscirà in sala e che dovete recuperare a tutti i costi.
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“Scompartimento n°6” di Juho Kuosmanen
Un bel road movie romantico che con “Before Sunrise” di Linklater ha in comune solo il treno, al contrario di come è stato raccontato da gran parte della critica.
È un buonissimo film, ma forse l’eccessiva consacrazione che l’ha preceduto me l’ha fatto apprezzare un po’ meno del dovuto.
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“Don’t Look Up” di Adam McKay
Film dell’anno!
Nonostante ciò che ne dicano molti, è uno dei film che spiega meglio in assoluto la comunicazione di questi ultimi anni, in cui tutti parlano ma nessuno ascolta.
La critica che ho letto di più è che la metafora ambientalista (o se vogliamo il parallelismo con il covid) sia troppo urlata. E quindi? Che problema dovrebbe rappresentare in un film che urla in realtà di essere grottesco, ma come dicevo, nessuno lo sta ad ascoltare.
Bravissimi tutti gli interpreti e lunga vita a McKay.
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“Spider-Man: No Way Home” di Jon Watts
È il classico film che parte dal cosa per poi sviluppare il come (un po’ come fece “Tenet” di Christopher Nolan), cosa che come sempre va a discapito della narrazione che, quando si fa così, non può che essere debole.
Ma è esattamente ciò che volevano i fan e, inserendo i due franchise precedenti sull’Uomo Ragno, vengono canonizzate delle storie che (con calma) potranno aiutare sia il pubblico che i produttori ad esplorare ancora di più il linguaggio fumettistico della Marvel.
L’unica vera sorpresa del film è che questo film porterà Tom Holland a diventare quello Spider-Man che è sempre mancato nel MCU (inteso come controparte fumettistica).
So che sembra una supercazzola, è un discorso complesso che magari prima o poi sviscererò, ma non voglio spoilerare più del dovuto.
Ad ogni modo, nonostante tutti i suoi difetti, per me il film è perfetto per ciò che è (un cinecomic del Marvel Cinematic Universe) e vederlo in sala con gli applausi a scena aperta e i commenti del pubblico è stata l’esperienza più cinematografica dell’anno.
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“House of Gucci” di Ridley Scott
Anche di questo film si è parlato un gran male, ma a me ha divertito e l’ho trovato veramente ben fatto.
Il tono è grottesco, ma funziona perfettamente.
Gli attori tutti bravissimi.
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“Diabolik” di Manetti Bros
Di questo film si è parlato troppo male.
Per me l’unico vero problema di questo film è il materiale di partenza che, almeno a me, non è mai stato convincente.
Però se amate il fumetto, è il film per voi.
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“West Side Story” di Steven Spielberg
Premetto che non ho visto il film originale di cui questo è il remake, ma se quello era un capolavoro, questo ci si avvicina moltissimo.
Si tratta di un musical, quindi lo consiglio solo a chi non si lamenta del fatto che i personaggi di questo film cantano e ballano.