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“Buongiornissimo caffè” non ci ha insegnato nulla



Ripartiamo dal finale de L’Ennesimo pippone sull’Intelligenza Artificiale, a firma di Omar Rashid su queste pagine:

[…] il rischio è di fare come quelli che non volevano il cellulare e oggi sono i più grandi agenti inquinanti di Whatsapp con le loro immagini del “buongiornissimo caffè”.

A quanto parrebbe, “quelli che non volevano il cellulare” la stanno avendo vinta, visto il bando emanato lo scorso 31 marzo dall’Autorità Garante per il Trattamento dei dati personali e inflitto a ChatGPT in Italia. Eppure rumors danno per accettate le condizioni imposte successivamente a OpenAI, prevedendo un possibile rientro della piattaforma testuale generativa nel nostro paese già nel mese di maggio. Ciò dovrebbe avvenire grazie all’impegno preso nel rispettare le norme privacy e GDPR che chiedono, tra le altre cose: un filtro per l’accesso alla piattaforma per i minorenni (age gate), una campagna informativa sui media tradizionali, arrivare a una base giuridica del trattamento dei dati personali degli utenti per l’addestramento degli algoritmi. Altro aspetto particolarmente vincolante per la piattaforma riguarda, citando il comunicato stampa del Garante, il

permettere agli interessati, anche non utenti, di chiedere la rettifica dei dati personali che li riguardano generati in modo inesatto dal servizio o la cancellazione degli stessi, nel caso la rettifica non fosse tecnicamente possibile. OpenAI, inoltre, dovrà consentire agli interessati non utenti di esercitare, in modo semplice e accessibile, il diritto di opposizione rispetto al trattamento dei loro dati personali utilizzati per l’esercizio degli algoritmi e riconoscere analogo diritto agli utenti.

ChatGPT logo OpenAI

Praticamente, i casi delle paventate cause per diffamazione che hanno già fatto il giro del mondo fanno giurisprudenza prima ancora di arrivare a sentenza. ChatGPT non potrà elaborare qualunque pensiero in qualsivoglia modo, ma dovrà essere soggetta a una sorta di filtri: uno “a monte”, che eviti espressioni diffamatorie, e infiniti a posteriori, rivendicabili dai singoli utenti. Un controllo umano più evidente ed accessibile insomma, quando non massiccio.

Alcune delle richieste, dopotutto, potrebbero essere considerate più che sensate, eppure la situazione sembra essere un poco più complessa. Se è vero infatti che in materia di protezione dei dati personali il GDPR europeo risulta una legislazione tra le migliori al mondo, non è d’altra parte con i soliti, volutamente fastidiosi o sterminati banner informativi sui cookies di terze parti che tutti bellamente skippiamo che la situazione sembri migliorare: assegnando ad un molto poco esplicito “Accetta tutti” un’autocondanna che bypassa tranquillamente i nostri diritti o, nel caso dei minorenni, dichiarando il falso senza alcuna conseguenza diretta prima di accedere a contenuti per adulti, la situazione pre-GDPR e quella attuale hanno fin troppi punti in comune.

Allo stesso modo, come sostiene anche Luciano Floridi, nel caso relativo a ChatGPT il rischio è anzitutto quello di fare un grosso favore a qualche Big Tech e ai venditori di VPN (fatta la legge, trovato velocemente l’inganno), oltre a vietare o snaturare uno strumento senza rendersi conto che la vera domanda, anche legislativa, risiede su cosa fare e come comportarsi nei confronti dell’utilizzo di quello strumento.

Senza cercare soluzioni rassicuranti o, peggio, rischiosamente parziali, vale la pena di notare comunque come il discorso afferisca alla sfera politica più di quanto si voglia credere. Si può essere parzialmente o totalmente d’accordo con il Garante o con OpenAI, o ancora scoprirsi confusi, senza una linea netta da seguire, evitando la polarizzazione del discorso, ma alcuni fatti rimangono: non si sa più nulla dell’istituto italiano per l’intelligenza artificiale, non ci si ricorda nemmeno della promessa di qualche governo fa che lo istituiva, e l’Università spesso ancora fatica a creare spazi di discussione di alto livello sull’argomento.

In questo senso, rimandare o evitare di affrontare la questione rischia solo di causare l’effetto “buongiornissimo caffè” che tutti conosciamo molto bene, con ripercussioni devastanti, ovviamente, anche sulle possibilità di sviluppo sociale, economico, industriale e culturale.