Sacha Baron Cohen ne ha combinata un’altra… Tutti sanno che il comico inglese si e’ costruito una brillante carriera inventandosi un personaggio piu’ idiota dell’altro. Lo pseudo rapper Ali G, lo pseudo tamarro del Kazakhstan Borat, lo pseudo ultra frocio austriaco Brüno, possono piacere oppure no (a me personalmente fanno ridere abbastanza poco), ma proprio perche’ hanno disgustato, offeso e fatto infuriare una marea di gente, hanno anche catapultato l’attore sulla ribalta dello show business globale.
Cohen pero’ qualche volta interpreta anche dei ruoli piu’ seri. Come in “Hugo”, il recente colossal storico diretto in 3D dal mitico Martin Scorzese. “Hugo” e’ candidato ad una manciata di Oscar. E quindi anche Cohen e’ stato invitato a partecipare alla serata di celebrazioni in programma per questa domenica. Ma per lui quel film, tanto osannato dal gotha della critica cinematografica, e’ decisamente acqua passata. Perche’ nel frattempo ha scritto e interpretato come protagonista “The Dictator”, una nuova commedia demeziale che appare ispirata dalla figura di Gheddafi (o addirittura, se vogliamo prendere per buono quanto di racconta l’interessato, da un romanzo scritto niente di meno che da Saddam Hussein!) e che arrivera’ in sala all’inizio dell’estate.
Ebbene, con questo retroterra in mente, non dovrebbe stupire nessuno che Cohen, qualche giorno fa’, abbia fatto trapelare l’intenzione di presentarsi sul tappeto rosso del Kodak Theater di Hollywood non indossando un bello smoking ma in alta uniforme da dittatore… Quello che invece lascia davvero perplessi e’ che gli organizzatori della serata degli Oscar abbiano abboccato come beoti alla sua provocazione. Tom Sherak, il presidente della Academy of Motion Picture Arts and Sciences, ha infatti prontamente dichiarato che considerava questa una pessima idea, perche’ avrebbe trasformato “il tappeto rosso in una farsa” e perche’ la notte degli Oscar non dovrebbe essere il luogo per esibirsi in banali trovate promozionali.
Ok, grattatevi pure la testa… Che diavolo e’ la notte degli Oscar se non il piu’ colossale appuntamento promozionale per l’industria cinematografica americana? E perche’ mai dovremmo considerare quella maratona di star che si pavoneggiano sul red carpet, accompagnate da un’interminabile telecronaca di pettegolezzi sui vestiti che indossano, come un rito sacro? Beh, Cohen, di fronte alla prospettiva di essere bandito dalla cerimonia, ha colto la palla al balzo, divulgando la risposta che segue.
Nei panni dell’Ammiraglio Generale Shabazz Aladeen, dittatore assoluto della Repubblica di Wadiya, Cohen ha elogiato gli organizzatori degli Oscar per averlo privato del diritto di parola (una prassi che si e’ detto ben lieto di applicare costantemente ai suoi sudditi), ha gridato “Morte all’America”, ha invitato il pubblico a godersi la produzione cinematografica della sua repubblica (che includerebbe pellicole come “When Harry Kidnapped Sally”, “You’ve Got Mailbomb” e “Planet of the Rapes”), ma sopratutto ha minacciato conseguenze “indescrivibili” se entro mezzogiorno di domenica non gli fosse stato restituito il biglietto per partecipare alla cerimonia, sostenendo di aver pagato ben due milioni di dollari a Hilary Swank per averla al suo fianco (una somma di cui l’attrice non intendeva restituirgli nemmeno un centesino).
Badaboom… Mentre la controversia, vera o finta che fosse, rimbalzava sui media di mezza America, Brian Grazer, uno dei produttori della serata, ha provato a gettare acqua sul fuoco, dichiarando che Cohen sarebbe stato comunque benvenuto sul red carpet, qualsiasi costume decidesse di indossare.
La replica dell’Ammiraglio Generale Shabazz Aladeen e’ arrivata via Twitter: “LA VITTORIA E’ NOSTRA! Oggi la Potente Nazione di Wadiya ha trionfato sui serpenti sionisti di Hollywood. Il Diavolo e tutti coloro che fanno di Satana il loro protettore sono stati battuti e rigettati nel Mare Pacifico. Quello che sto’ cercando di dire qui e’ che l’Academy si e’ arresa e ci ha mandato due biglietti e un buono parcheggio! OGGI GLI OSCAR, DOMANI OBAMA!”
Buona serata…