Appena uscito nelle sale cinematografiche americane, Life of Pie rappresenta un capolavoro di ingegno e maestria narrativa. Il film è stato tratto dal libro che narra della storia del giovane Piscine Molidor Patel, un ragazzo indiano all’epoca dei fatti raccontati, che ripercorre la propria storia ai giorni nostri per concedere un’intervista ad uno scrittore in visita presso di lui in Canada.
Protagonista di una storia lunga poco più di 200 giorni e per lo più incredibile, Pi (questo il soprannome scelto per sfuggire alle prese in giro dei compagni d’infanzia che lo perseguitavano) riveste dunque contemporaneamente le vesti del narratore (che ricorda i fatti passati) e del personaggio principale della vicenda (o quasi), insieme ad un altra stupefacente creatura come sarà chiaro ormai.
Reduce da un terrible tragedia negli abissi marini (Pi perde la famiglia e l’intero zoo di cui essa era proprietaria, come una grande arca di Noè sprofondata in stile Titanic), Pi riesce a salvare sè stesso grazie alla fede in Dio (non importa che si chiami Gesù, Buddha, Allah o altro) e alla relazione che costruisce con una grande tigre chiamata Richard Parker (ed anche questo nome è motivo di curiosità, scoprirete perché), nascosta nella zattera di salvataggio su cui Pi aveva trovato scampo.
L’intera storia che Pi deve raccontare agli ufficiali (alla ricerca di informazioni del naufragio di cui era stato vittima), alla fine dei conti costituisce una parabola sullo statuto stesso della narrazione in sè per sè. Gli ufficiali non possono credere all’assurdità fantastica della favola, dunque Pi decide di spogliare il suo racconto degli elementi fantastici racchiusi in esso.
Visivamente si tratta di un vero e proprio trionfo di lavoro digitale (gli animali sono protagonisti indiscussi nella loro quintessenza virtuale e animata) mentre a livello di favola il film mette in scena una serie amplissima di valori e motivi tematici. Il valore della lettura di un racconto costituisce la morale ultima su cui lo spettatore viene invitato a riflettere alla fine, decidendo di credere o meno ai fatti narrati.
Numerose le scene emblematiche della pellicola. Come ad esempio quella del tonno che Pi pesca per sfamare il compagno di viaggio. Il pesce, simbolo di pura vita (Pi peraltro è vegetariano), appena acciuffato e ucciso perde immediatamente la propria smeraldina lucentezza infatti. La preghiera del ragazzo in segno di ringraziamento per il dono ricevuto rappresenta solo uno degli attimi toccanti del film. L’intera scena dei pesci volanti, le apparizioni delle balene, la crescita spirituale e fisica del piccolo eroe sono tutte manifestazioni eclatanti di un unico contenuto espresso: la fede nella propria forza e nella forza del racconto.