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Ai piatti: Chef Ragoo #1



Ciao a tutti.

Su questo sito da qualche parte c’è una mia breve presentazione, ma quello che sto facendo richiede qualche spiega ulteriore.

Per esempio: io non sono un professionista della cucina, né mi ritengo particolarmente bravo.

Sono solo uno a cui piace la cucina: mi rilassa, mi fa sentire utile, mi dà soddisfazioni, mi regala sorrisi, mi fa conoscere gente e a volte – non poche, take note – mi fa anche rimorchiare. Per cui questa non sarà una rubrica nella quale mi pongo come novello Artusi a dirvi come si fanno e come non si fanno le cose.

Certo, ho le mie idee su alcune ricette, ma spesso e volentieri non sono nemmeno le “mie” idee, bensì accozzaglie di impressioni ricevute mangiando e ascoltando le persone che io ritengo ne capiscano più di me – e non sono poche.

Mi è stato chiesto di scrivere di cucina, e la cosa mi stimola molto, ma ho anche un forte senso di inadeguatezza, per cui abbiate pazienza e prendete quello che dico con le necessarie molle.

Per me l’obiettivo è solo condividere un po’ di quello che ho imparato in anni di fornelli e assaggi e conversazioni con professionisti e (bravi) amateurs, ma nella sola maniera che conosco: col sorriso e senza prendermi troppo sul serio.

Partiamo da un caposaldo, uno di quei piatti che oramai è davvero difficile che io assaggi fuori casa, tanto mi viene bene in versione domestica.

Innanzitutto il discorso del nome. Ancora, nel 2013, con la cucina che è trattata quasi come una scienza, io mi rifiuto categoricamente di mangiare in posti che scrivono sul menu “matriciana”.

La pasta è “all’Amatriciana”, ossia, come si sarebbe detto una volta, “alla guisa degli abitanti della cittadina di Amatrice”, non è fatta con nessuna matrice.

Impariamo a chiamare le cose col loro nome. Una persona che dice di conoscermi e poi mi chiama Echf Oroga forse non mi conosce bene come dice, almeno questa è la sensazione che ho io.

Altra cosa importantissima: il guanciale. La ricetta come la propongo io – e, a quanto mi risulti, come la propone la tradizione – non può fare a meno del guanciale. Con la pancetta, dolce o – dio ce ne scampi e liberi – affumicata, questa ricetta non è fattibile.

Beh, iniziamo.

Abbi cura di avere con te: due o più fette di guanciale spesse circa ½ centimetro, peperoncino fresco (o – se proprio non lo trovate fresco – secco, ma preferibilmente non in polvere), pomodoro (fresco – spellato dopo averlo passato brevemente in acqua bollente e poi fatto a dadini – o pelati o polpa), pecorino romano e pasta – bucatini, spaghetti, rigatoni o mezze maniche, ma anche gli gnocchi ci stanno benone.

E l’olio? E la cipolla? E lo scalogno? E il vino? 
Oh, ho appena cominciato a scrivere e già mi rompi così i coglioni? No, niente olio, niente cipolla, niente di niente.

Solo le 5 cose che ti ho detto di avere a portata.

Scaldiamo una padella, e mettiamo il guanciale a rosolare a fuoco medio. Il grasso del guanciale deve sciogliersi senza bruciarsi.

Quando il guanciale si è “ristretto” ed è diventato croccante andiamo a toglierlo con un ramaiolo, avendo cura di lasciare nella padella tutto il grasso sciolto, che ci farà da fondo cottura invece dell’olio (il guanciale croccante, dopo averlo asciugato su carta assorbente, lo adageremo in forno a 50/70° per mantenerlo caldo).

Spezzettiamo il peperoncino e lo mettiamo in padella col grasso, poi aggiungiamo il pomodoro e un pizzico di sale e facciamo ritirare la salsa (questo sugo non richiede una cottura particolarmente lunga, su porzioni piccole in venti minuti/mezz’ora te la cavi).

Tiriamo fuori la pasta al dente e la facciamo mantecare aggiungendo ¾ del guanciale croccante e pecorino romano a piacere: io personalmente ne aggiungo un bel po’.

Impiattare aggiungendo sopra la pasta il restante guanciale e una manciatina di pecorino. Qualcuno ci mette anche un pizzico di pepe.

Scordatevi il fondo dolce della pancetta, scordatevi l’armonizzazione via olio extra vergine degli elementi in ballo.

Questa è una ricetta angolare, con spigoli di gusto che vanno a perforare la bocca senza blandirla, una ricetta “no bullshit” che tratta chi la mangia con la schiettezza dell’entroterra romano, quella che se dici una cosa che non mi interessa ti rispondo “e sti cazzi”.

Un piccolo consiglio: quando mettete il guanciale croccante al caldo, in forno, chiudete il forno con un lucchetto e date la chiave a qualcuno che resterà fuori dalla cucina durante tutta la cottura del resto.

Il guanciale croccante, lo scoprirete presto, è irresistibile da spiluccare.

Alla prossima.

Deddio.