Benché giochi olimpici sono una responsabilità ed un investimento incredibile per ogni paese ospitante, nel delirio tra sponsor e politici, sportivi e appassionati, la mascotte, ovvero il simbolo, ufficiale e non, che rappresenta i giochi e la cultura paese paiono spesso, spessissimo, fuorvianti dalle loro reali intenzioni promotrici. Perché escono fuori sempre talmente bizzarri?
Cominciamo dalle basi: la prima mascotte non ufficiale a rappresentare i giochi olimpici fu l’ambiguo sciatore stilizzato ‘Schuss’, utilizzato nel 1968 per i Giochi invernali di Grenoble in Francia. Ma è davvero quello a cui assomiglia? Possibile che sia quello per penso… lasciamo perdere.
Dopo il simpatico Schuss, le mascotte presero gusto e divennero ufficializzate: viene concepito Waldi, il bassotto dachschund per le Olimpiadi di Monaco di Baviera, 1972, che, benché nei colori e nella grafica cercasse di promuovere l’armonia e la pace tra paesi, fu macchiato dall’orrore dell’attacco terroristico agli atleti israeliani.
Ci si domanda tuttavia se i giochi non fossero partiti comunque col piede sbagliato dato che un bassotto in generale come modello atletico ha poco, sopratutto dato che porta un cardigan e ha le zampette minute, ma lasciamo perdere, dopotutto Waldi fu seguito da questo mostro:
Questa palla/pupazzo di neve con un cappello e la bocca gigante chiamato Schneemann inaugurò i Giochi invernali austriaci del 1976, e che qualche motivo ricorda qualche strano antagonista di un video gioco della mia infanzia che ho rimosso. Sopratutto per il cappello.
Ecco tuttavia il momento del modernista Amik (Montreal, Canada, 1976) il castoro nero con una ‘fascia’ olimpica che sembra l’impronta di una ruota dopo che è stato arrotato.
Seguì il sobrio Roni il procione (Lake Placid, USA 1980), mirato principalmente ad un pubblico sotto i dieci anni: leggenda vuole che inizialmente la mascotte fosse Rocky, un vero e proprio procione in carne ed ossa, ma morì e fu velocemente sostituito da un’alternativa meno delicata:
il 1980 è l’anno di Micha, fu il popolarissimo orsetto sovietico dei giochi invernali di Mosca, che curiosamente fu il primo ad aver un successo commerciale, alla barba delle potenze capitaliste, con tanto di gadget ed una serie animata.
Il 1984 fu l’anno della lupetto Vučko dallo sguardo molto da furbetto alle Olimpiadi Invernali di Sarajevo:
Seguito lo stesso anno per le Olimpiadi Estive a Los Angeles dall’aquilotto super yankee Sam, che dopo il procione politicamente corretto del 1980 si è deciso a quanto pare di darci propaganda pesante, in stretta collaborazione con la Disney:
I canadesi Hidy e Howdy si esibirono quattro anni dopo: due orsi polari vestiti da cowboy. La scelta di questo terribile abbinamento non è chiara, sopratutto per i loro orribili nomi.
Grazie a Dio i Coreani per le olimpiadi estive del 1988 hanno avuto la decenza di imitarne il concetto pur limitandone la natura kitch, con i due vispi tigrotti Hodori e Hosuni.
Eccoci ad Albertville nel 1992, per i XVI Giochi olimpici invernali in Francia. Cade l’unione sovietica, sono anni di crescita e nuove prospettive commerciali. Come rappresentare meglio questo ottimismo ed era di pace? Con la mascotte Magique, un pupazzo metà uomo e metà stella/fiocco di neve.
A Barcellona per i giochi olimpici estivi vediamo invece il pastore catalano in chiave cubista Cobi, che benché con ottime intenzioni… forse questo cagnolino antropomorfo, per quanto simpatico, fu fin troppo ricercato.
Sobria, semplice e forse mancante di idee fu la mascotte successiva, ovvero Håkon and Kristin delle Olimpiadi Norvegesi del 1994: due bambini, maschio e femmina, vestiti in costumi tradizionali della cultura vichinga.
Cosa fu la mascotte successiva, Atlanta 1996, non è chiaro. Primo disegnato da computer grafica, fu proprio sua intenzione non essere chiaro ne definito: è Izzy the ‘Whatzisit’ (letteralmente, che cosa è?) ma fu una domanda a cui nessuno, fin dalla sua prima presentazione era interessato. Ammettiamolo, questo aggeggio sembra un trip venuto male di LSD, rimodellato più volte nell’aspetto dopo continue critiche e soprannominato, con poca ironia, lo ‘Sperma in Tuta’.
Nemmeno le olimpiadi in Giappone del 1998 non diedero il massimo delle qualità grafiche. Sukki, Nokki, Lekki and Tsukki rappresentato le quattro isole del Giappone, tuttavia con tutta la loro cultura manga, animata e colorata (i pokemon!!) ci si domanda com’è che sono arrivati a questo ambiguo, quasi onirico risultato.
Ultimi di questa lista sono Olly, Syd and Millie,che tuttavia non sono membri di uno strano gruppo punk anni ’90, ma piuttosto il discusso risultato dei selvaggi postumi del designer Matthew Hattan che terrorizzò bambini australiani nelle olimpiadi del 2000 a Sydney e fu distrutto da una ironica contro mascotte non ufficiale di un simpatico wombat col culone.