
Ho scambiato la mia classica chiacchierata epistolare con Denay, perchè l’artista ci potesse introdurre al suo nuovo lavoro. Buona lettura.
Ciao Davide e grazie per l’intervista, per quanto riguarda i Giudafellas proprio in questi giorni stiamo scrivendo il nuovo album e stiamo finendo di ascoltare le ultime basi da scegliere per confezionare un buon prodotto, al 3Q studio da uno dei nostri produttori Depha.Vi anticipo che ci saranno parecchi featuring tra cui il maestro del death rap italiano Metal Carter, più altri feat che scoprirete: l’uscita con molta probabilità sarà per settembre del 2014. Non vogliamo far accavallare i vari progetti solisti e lasciare un po’ di spazio tra un album ed un altro, dando il tempo di diffondersi, visto che in circolazione c’è sia quello di Fetz Darko (Lotta Medievale) sia il mio Extraterrestre che la ristampa di Ice One (B-boy Maniaco). Non smettiamo mai di scrivere, anche quando i risultati fanno fatica ad arrivare, ma per noi il rap oltre ad essere un eventuale fonte di guadagno, pur facendo altri lavori, è comunicazione e diffusione di emozioni, sentimenti sia negativi che positivi e soprattutto per me il rap è informazione: per come la vedo io, oggi come ieri giornali, televisioni ecc. sono guidate da chi sta ai vertici fregandosene di dire le cose come stanno, facendoci vivere in una specie di “Matrix”.
Roma ha sempre prodotto tonnellate di rap, specialmente di matrice hardcore. Come si evita l’effetto fotocopia? Perchè credi che negli anni si sia sviluppato questo rapporto così stretto tra la città e questo tipo di estetica?
Roma essendo una città molto grande ha tantissime realtà: escono ep, album, mixtape in continuazione; è una grossa catena di montaggio, una fabbrica che sbuffa fumo dai comignoli e non smette mai di produrre, neanche la notte. E’ a ciclo continuo. Per quanto riguarda il discorso hardcore, per come la vedo io, semplicemente in questa parola si racchiude tutto quello che si può dire in totale libertà, seguendo incondizionatamente il proprio istinto. E non si tratta soltanto di pronunciare parolacce, ma è il poter far nomi, esporsi politicamente, socialmente, rivendicare dei diritti, essere la voce di chi non ha mai avuto niente. Quindi penso che Roma abbia sempre abbracciato questo stile, perché è una città schietta: pane al pane e vino al vino; le cose si dicono senza girarci troppo intorno, senza timori reverenziali. Di conseguenza questo stile di vita si è poi proiettato anche nella musica rap. Per quanto riguarda l’effetto fotocopia, dipende molto dal tuo carattere e soprattutto dalle abilità che hai. È normale che un ragazzo di 15 anni che inizia a rappare avrà un suo punto di riferimento e inevitabilmente per un po’ di tempo tenderà ad assomigliare alla sua fonte di ispirazione. Ma crescendo poi ognuno trova il suo flow la sua originalità, il proprio carisma che ognuno di noi ha.
Nel tuo disco hai intitolato un pezzo “Andreotti vs Salvo Lima”. Perchè citare questi personaggi? Cosa ti colpì, in particolar modo, di quella vicenda?
Premesso che non ero fan nè di Andreotti nè di Lima, e spero di non incontrarli nemmeno all’inferno, questo giusto per chiarire. Diciamo che ho intitolato la canzone cosi per due motivazioni. La prima per il semplice fatto che si usava negli anni novanta ma anche negli ottanta, oggi un po meno, avere sempre un atteggiamento di sfida verso gli altri rappers come si usa fare nei freestyle “io sono meglio di te…”, “io ho fatto questo…”, “io sono, tu non sei…” ecc. ecc. ecc. quindi Andreotti vs Salvo Lima rispecchia una delle argomentazioni classiche del rap, indica in senso musicale e figurato: ti metti contro di me sei un rapper “morto”. La seconda è abbastanza delicata da spiegare. Diciamo che sono una persona che ama informarsi su ogni cosa, sentire più campane e che non ama parlare per sentito dire e che ha la perenne sensazione che la verità è sempre sepolta, lontana dai nostri occhi e dalle nostre orecchie. Posso dire che nel titolo ho cercato di dare una sorta di informazione o di dare un indizio per un’eventuale seconda verità su quella vicenda alla fine degli anni sessanta. E siccome il pubblico rap è un pubblico molto giovane spero che dal titolo gli sia venuta voglia di andarsi a documentare su quei fatti. Le mie parole non sono vangelo, però magari la storia non è sempre come ce la raccontano.
Puoi fare il nome di qualche nuovo artista romano che potremmo non conoscere qui a Firenze? C’è qualche nuova leva interessante?
Parlare di leve mi fa strano, i pischelli che iniziano a fare rap oggi per la maggior parte sono tutti bravi, già a 15\16 anni. Pare che inizino a fare freestyle dal ventre delle loro madri. Penso che molto della loro bravura oltre a un talento personale sia dovuta al fatto che oggi c’è una grande diffusione della musica rap, rispetto agli anni novanta, si trova tutto con molta più facilità, sei bombardato di video in continuazione e hai molti più punti di riferimento da seguire. Io personalmente sono un fan di Loop Luna, der Costa e di Mystic1 elemento del Truceklan e so che a breve uscirà pure il suo album da solista. Altri rapper che vanno forte oltre a quelli già noti, io vi suggerirei di ascoltare Jonnhy Roy&Sick Rock, Crine j, Sedato Blend, Read, Grezzo.
La collaborazione con un’etichetta importante come Mandibola, e quindi Irma, come nasce?
Entrare a far parte della Mandibola/Irma records per me è stato un enorme piacere, è la prima vera etichetta ben organizzata sotto ogni punto di vista, a credere nell’hip hop e negli artisti rap, già da i primissimi anni novanta, in un periodo dove il rap lo facevano in pochi e la maggior parte delle persone non lo consideravano neanche un genere musicale. Quindi hanno azzardato parecchio prendendosi tutti i rischi ma alla fine hanno fatto uscire dischi che hanno contribuito a far crescere di livello il rap in italia, ti parlo di ODIO PIENO, B-BOY MANIACO. Io sono entrato in contatto con loro tramite Ice One, una sera mi pare stavamo tornando da una serata a Padova e Seby mi parlò della Irma, dicendomi che era una buona occasione e mi consigliò di fargli ascoltare alcuni miei brani del disco Extraterrestre, quindi mi passò il contatto e io gli spedii 5 brani. Fatto sta che dopo circa un mese da quella chiacchierata con Ice One sono stato contattato dal manager di Irma che mi disse che avevano ascoltato le mie canzoni, che gli erano piaciute molto e che erano interessati alla produzione del mio nuovo album.
Le produzioni del tuo disco sono decisamente lontane dalle sonorità hip hop di tipo classico, con che dischi ti sei avvicinato a questa cultura? E quando scrivevi questo album, cosa girava nel tuo stereo?
Si non lo nego, il mio disco non suona “classico” ma azzarderei “strano”, ogni base è diversa dall’altra e di conseguenza ogni canzone è completamente differente l’una dall’altra. Le musiche sono tutte suonate da Gabriel Cage, Young Mush e Depha con cui lavoro benissimo e che stimo professionalmente, i primi due producono tekno, tekno minimale, dubstep, quindi sono proprio al di fuori del panorama hip hop. Ma calcolando che sono al mio quarto disco solista ho voluto stravolgere un po l’ordine classico delle cose anche per cercare di “distinguermi” dall’immensa produzione di dischi rap che c’è in questo momento. Vedremo il pubblico come reagirà. Per quanto riguarda il mio primo contatto con il mondo hip hop. Mi ricordo ancora come se fosse ieri, ero in gita alle scuole medie a Bologna ed un mio amico entrò in un negozio di musica e comprò una cassetta, dj Gruff la RAPADOPA, per me il titolo era arabo ma lui era molto più informato di me e uscendo dal negozio prese il walkman e mi disse: ascolta questo è rap. Da li è stato un attimo, sono andato subito in fissa, sono rimasto affascinato da quella sequenza di parole, dal loro ritmo e la possibilità di poter esprime tanti concetti in una sola canzone. Successivamente è stata una ricerca continua, andavo da DISFUNZIONI MUSICALI, mi ricercavo gli artisti rap e mi sparavo in cuffia Sangue Misto, Articolo 31, Colle der Fomento, Ice One, Pharcyde, NWA, Big Pun, Funky Family, Wu Tang, Tupac, Cappadonna, Rakim, Xzibit, Delinquent Habits. Poi venni a sapere che il rap era solo una delle quattro discipline di una cultura che si chiama Hip Hop e mi buttai a capofitto alla scoperta di questo nuovo mondo, a quei tempi trovare riviste sull’argomento era un “miracolo” calcolando che internet non esisteva o era alla portata di pochissimi. Per ciò che riguarda la mia scrittura, ogni volta che inizio a scrivere un disco ho nello stereo o a casa sempre 4 o 5 dischi che mi piacciono in particolar modo in quel momento della mia vita, che mi fomentano e in un certo senso mi ispirano. Nel periodo in cui ho scritto Extraterrestre ho ascoltato Eminem “Relapse”, Metallica “Master of puppets”, Soap and skin “Narrow”, Giorgio Gaber “E pensare che c’era il pensiero ”Noyz Narco “ Guilty”
Grazie per il tempo e la disponibilità.
Grazie a te per il tempo e lo spazio è stato un piacere, peace.
