C’è stato un tempo in cui ero invincibile, c’è stato un tempo in cui ero immortale, c’è stato un tempo in cui la mia vita è stata anche leggera, ed era giusto fosse così. C’è stato un momento in cui ho creduto che la vita ad un certo punto iniziasse a tornare indietro, e che avrei avuto tempo e modo per recuperare, per riuscire anche più avanti a fare/essere quello che avrei voluto, non mettendo mai in conto, o quasi mai, l’imprevedibilità e l’impermanenza della vita.
Ma tutto cambia e niente rimane per sempre uguale.
Quando siamo giovani non si può essere anche saggi, e più che giusto è normale sia così, perché la saggezza, se arriva, arriva con l’affrontare le situazioni più disparate nel percorso della vita, (l’esperienza), anche se dovremmo tenere presente che la saggezza non arriva, ma va ricercata.
E’ anche vero che l’età non è sinonimo di saggezza, oggi l’asticella dei sempre verdi si è alzata notevolmente e troppo spesso vedo genitori troppi vecchi per figli troppo giovani, o quarantenni ragazzini ancora in giro per locali alla moda a fare aperitivi o a fare le stesse cose che facevaMo a venti.
Non è un giudizio severo, intollerante, ignorante o invidioso sulla mia generazione, ma una foto reale della quotidianità che vedo e vivo tutti i giorni.
Sentirsi invincibili anche a quarant’anni non è molto sano. Sentirsi immortali anche a quarant’anni non è molto sano. E pensare che questo modo sia vivere bene e non infantilità è raccontarsela.
C’è un tempo per tutto, c’è un tempo per imparare, un tempo per mettere a frutto le cose imparate, e poi arriva il tempo per insegnare agli altri quello che abbiamo imparato, che dovrebbe essere nella natura della vita. Imparare, mettere a frutto, insegnare.
Ma oggi, dove tutto è abbastanza squilibrato, mi faccio anche tornare un po’ il fatto che i quarantenni insegnino poco o niente e che gli adolescenti, proprio per questo, siano spaesati, forse più di quanto lo fossimo noi.
Ma se i quarantenni incolpano i sessantenni per quello che ci hanno lasciato in eredità come società, come mai noi quarantenni, che ci lamentiamo degli adolescenti di oggi, non pensiamo che sono figli di quello che noi stiamo lasciando? Di quello che noi stiamo insegnando loro volendo o non volendo?
Spesso dai quarantenni viene più insegnata la furbizia che l’onesta, più la frivolezza che la responsabilità, e responsabili, a differenza di saggi, lo si può essere anche da giovani.
Odio i quarantenni, questa è la verità.
Perché li trovo troppo spesso o solo alla moda o abbattuti, o criticoni o fighetti irresponsabili. O guardano Amici o si rodono il fegato per Ballarò.
Propositivi poco. Ottimisti ancora meno. Equilibrati quasi mai.
Colpa degli altri? sempre e comunque? no dai…
Avere ben presente invece che noi, e parlo della fascia tra i trenta e i quaranta, si possa essere i potenziali insegnanti di vita quotidiana di quelli che saranno tra venti i possessori della società, dovrebbe avere un certo effetto sulla Peterpandipendenza, dovrebbe dare un vanto e dare un senso di responsabilità in più. Ma sie.
Penso sempre, ma non da sempre, che sia l’esempio ad insegnare, più delle parole, sia la coerenza nelle azioni, l’insegnamento più efficace, che stare accanto alle persone dimostrando coerenza tra parole e azioni sia la più grande frase da dire agli altri.
Nel buddismo è la teoria, o principio dei dieci fattori che parla di questo, dove la coerenza tra aspetto (fisionomia) natura (umana) entità, potere, azioni, causa interna, causa esterna, la relazione tra queste e l’effetto che produrranno, costruiscono la nostra vita e ci possono portare ad una felicità assoluta e non relativa. (cioè in relazione a qualcosa: amore, successo, soldi ecc ecc)
Se non lo possiamo, non giustamente ma naturalmente, capire e accettare nell’adolescenza è quasi un passaggio obbligato e/o obbligatorio capirlo dai trenta in su.
Ho sbagliato tanto, e anche non molto tempo fa, mi sono ritrovato a commettere errori enormi in fatto di azioni oneste e coerenti con l’età e la vita che ho. Non mi escludo certo dal discorso. Anzi. Ma penso che sia la ricerca continua della coerenza con la vita che hai e che vuoi, e non della perfezione, che possa creare felicità e limitare i danni.
Ogni cosa esistente è mutabile, anche la gioventù per fortuna, e come mi sarebbe piaciuto avere insegnanti il più coerente possibile nell’età dell’adolescenza che con umiltà accettavano gli errori commessi essendo esseri umani, ma che avevano anche la certezza di volere e poter migliorare, sempre, dimostrandolo con i fatti.
Sono stato invincibile e immortale anch’io, ma sopratutto sono stato fortunato a non dimostrare agli altri che invece non lo ero, cambiare prima di essere costretti a farlo è molto meglio. Ho imparato questo, per ora. E mi sta salvando.
Buona fortuna.