L’ignorante di oggi è qui.
E’ dentro di me ma non vuole uscire.
Vorrei parlare delle sensazioni provate in queste tre settimane di campagna elettorale.
Ma non esce niente.
Vorrei urlare e offendere qualcuno alla mia nuova maniera.. senza urlare e offendere qualcuno.
Ma non esce niente.
Ho avuto sicuramente la certezza di dove voglio andare e stare.
E ho trovato anche la certezza di dove non voglio andare e stare.
Sicuramente questo… è il mio premio di maggioranza. Il surplus. Il di più.
Dovrei essere contento di quello che ho fatto, invece mi sento vuoto.
Forse sarà la stanchezza, forse sarà come quando prima di un concerto sembra di non ricordarsi niente di tutte le prove che hai fatto e poi appena parte il primo accordo con naturalezza, senza pensare a quello che stai facendo, ti ritrovi all’ultima canzone della scaletta, stanco ma pieno, esausto ma soddisfatto di non esserti scordato neanche una frase.
Forse sarà così alla fine di questa avventura.
E’ triste invece come qualcuno abbia additato la mia candidatura pensando volessi fare la gara per dimostrare di essere migliore, o che fossi l’opportunista della situazione non pensando invece che avessi soltanto un pensiero diverso dagli altri che si sono candidati o che avessi il mio modo di vedere e di voler fare le cose.
Ho sempre scelto di fare e non ho mai aspettato il gruppo ad aiutarmi.
Se avessi aspettato il gruppo a sostenermi nella musica non avrei neanche iniziato.
Poi nella vita è difficile non sentirsi traditi in certe situazioni.
Ed è difficile riuscire a spiegare e a farsi capire dagli altri fino in fondo.
Come siamo diversi.
Ogni volta aggiungo un pezzettino di realtà alle cose che immagino e il disegno della vita vera diventa sempre più nitido.
Ogni volta che guardo in faccia la durezza degli eventi mi spengo, per poi riaccendermi rinnovato dopo un po’, ma il passaggio è sempre doloroso.
“La cosa più importante è essere orgogliosi del proprio lavoro e delle proprie capacità e vivere con la massima sincerità verso se stessi.” scrive Daisaku Ikeda.
Questo è quello che voglio e devo essere: orgoglioso di me nonostante tutto.
Ma com’è facile cadere nel cercare conferme all’esterno, nel cercare gli applausi o consenso generale.
E’ colpa delle false aspettative che crollando fanno crollare le certezze personali costruite nel tempo, dando spazio alle insicurezze e campo libero all’insoddisfazione, alla solitudine interiore e alla paura di essere soli.
Io non sono più solo, ho me stesso prima di tutto.
Ho la sincerità verso me stesso. Costruita nell’ultimo anno. Questa mi dovrebbe bastare.
Dovrei essere felice di me e del modo con cui ho giocato a fare il politico, della coerenza con cui, durando fatica, ho affrontato questa sfida.
Poi c’è anche il buio, allora devo cercare di ricordarmi che ci sono già stato qua dentro e che appena gli occhi si saranno abituati al buio vedrò là in fondo quella luce fioca che indicherà l’uscita.
E allora di queste settimane dovranno restare e dovranno andare al di là del risultato le persone incontrate, le parole dette, i brividi vissuti mentre qualcuno mi parlava delle sue difficoltà, gli abbracci ricevuti, i grazie per averci provato… il gol che ho fatto su cross di Riganò nell’amichevole di domenica scorsa.
Questo è quello che deve rimanere. Le chiacchiere non mi appartengono più, l’invidia neanche, la maldicenza non è più cosa mia.
Perché: “Il fine giustifica i mezzi” è una gran cazzata e il modo con cui si fanno e dicono le cose è fondamentale nella vita di tutti i giorni, ma lo è ancora di più se vogliamo impegnarci con le persone nel sociale.
Sto facendo finalmente mia la frase di Tsunesaburo Makiguchi, educatore Giapponese:
“Ci sono tre tipi di persone al mondo: quelli che volete sempre avere vicino, quelli la cui presenza o assenza vi lascia indifferenti e quelli la cui presenza causa problemi.”
Ecco, ho deciso di tenermi accanto solo quelli che voglio avere sempre accanto.
Il resto non mi serve. Non mi aiuta. Delete.
Augh e buona fortuna a tutti.