“Si ritiene che noi usiamo solo il 10 per cento delle nostre capacità cerebrali. Ma, se ci fosse un modo di utilizzare il 100 per cento del nostro cervello, cosa saremmo in grado di fare?”. La domanda del professor Norman squarcia in due il nuovo film di Luc Besson, in uscita nelle sale il 25 settembre: da una parte Lucy (Scarlett Johansson) bomba letale che dà anche il titolo a questa fabbrica post-umana, dall’altra Morgan Freeman, scienziato con un inventario di metodi per potenziare i poteri della superwoman. Di mezzo c’è una multinazionale “sporca e dura”, ovviamente mafiosa, che utilizza le sue cavie per smistare droga (non una qualunque) infilandogliela dritta nello stomaco. Lo stomaco di Lucy, però, è differente.
Freeman, due orecchini in bella calligrafia (“leggenda piratesca: se dovessi morire in un luogo ameno, mi servirebbero per barattare una bara), occhi saldi da US Air Force, racconta il calvario della guerriera Johansson: “L’idea del poter utilizzare il 100 per cento delle nostre risorse cerebrali arriva da lontano, ma non troppo. Io ricordo che alla fine degli anni Sessanta già si parlava di meditazione e di neuroscienze, tant’è vero che all’epoca pensai di voler insegnare una disciplina del genere. Oggi, quelle teorie confuse sono meno fantasiose: se scegliessimo di controllare ‘telecinecamente’ un oggetto a distanza, se usassimo tutti i colori dell’ingegno, riusciremmo a governare i fenomeni naturali, animati e non, con le nostre forze intuitive e nervose. Io, per esempio, ho imparato a regolare il battito del cuore. Quando sento che accelera o è su di giri, abbasso il ritmo delle palpitazioni con la sola concentrazione. Non saprei dire esattamente di quanto riesca ad abbassarlo ma succede”.
L’attore premio Oscar per Million Dollar Baby spiega che, se avesse accesso all’intero database del suo cervello, potrebbe anche temere di utilizzarlo: “Chi può dire se è una cosa giusta e quali sarebbero le conseguenze” si domanda. “Non credo sia necessariamente una cosa buona. Lo stesso vale per i i ricordi: ci sono memorie che voglio, altre che mi piacerebbe poter cancellare per sempre. Ma se far piazzapulita cambiasse la mia percezione del mondo? Ci sono dottori che sostengono che con l’avanzare degli anni l’uomo tenda a perdere la memoria, a disintegrare gran parte del proprio vissuto. Io non sono d’accordo. La teoria corretta credo sia questa: più avanza l’età più informazioni ci arrivano e la questione a quel punto è ‘dove impacchettiamo e scomponiamo quei dati’. Non c’è più spazio nel cervello. Pensavo che giocare a solitario davanti al computer aiutasse a stimolare il mio pensiero… Invece ne sono rimasto drogato e ci gioco praticamente 24 ore al giorno, senza grandi risultati”.
Secondo Freeman, Lucy non è un atto d’accusa alle multinazionali criminali e ai progressi dell’ingegneria, ma un monito: “Ci ricorda che le nostre abilità sono già trascirtte nel DNA. Quello che sappiamo fare, e soprattutto quel che ancora non sappiamo di fare, ci è stato tramandato. Il mio personaggio è un neurologo che crede nell’allargamento della conoscenza. Prima dell’incontro con Lucy è invaso da dubbi e ipotesi, poi tenta di aiutare la ragazza ad utilizzare al meglio tutte le super-capacità che possiede. Il progresso non risiede soltanto nelle macchine. E’ genetico, ci viene restituito da lontano, appartiene alle nostre origini. Un potere del genere, come quello di Lucy, permetterebbe di vedere aspetti del mondo naturale che nessuno vede.”. E lo dice Morgan Freeman che, a Hollywood e sul grande schermo, è passato da Dio al Presidente degli Stati Uniti senza neanche un upgrade cerebrale.