Frida Kahlo e Diego Rivera: amore ai tempi della Rivoluzione
di Martina Traversi3 Dicembre 2014
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arte Cristina Kahlo dicembre 2014 Diego in my mind Diego Rivera Florence Arquin Frida Kahlo Frida Kahlo e Diego Rivera genova Helga Prignitz-Poda Il ritratto di Natasha Gelman Juan Corone Rivera l'amore ai tempi della rivoluzione Lola Alvarez Bravo Manuel Alvarez Bravo Messico Nickolas Muray The Arsenal Viva la VidaCi sono storie d’amore universali, che possono essere collocate in momenti storici diversi, senza perdere identità. Amori che si raccontano da soli, si respingono, si rincorrono, si distruggono e poi rinascono dalle loro ceneri.
La storia d’amore tra Frida Kahlo e Diego Rivera è questo e molto di più. Una passione nata all’inizio del secolo scorso, che profuma di drammatica contemporaneità.
A raccontarla sono le opere stesse dei due artisti nell’esposizione intitolata per l’appunto Frida Kahlo e Diego Rivera, che fino all’8 febbraio 2015 animeranno il Palazzo Ducale di Genova.
La mostra è curata da Helga Prignitz-Poda insieme con Cristina Kahlo (pronipote di Frida) e Juan Corone Rivera (nipote di Diego) ed è costituita da 130 opere, 76 di Frida Kahlo e 60 di Diego Rivera, e oltre 80 scatti di fotografi come Nickolas Muray, i coniugi Alvarez Bravo (Manuel & Lola), Florence Arquin.
Percorrendo le 16 sale, attraversiamo i due mondi opposti dei due artisti, le cui opere sembrano dialogare tra loro in uno scambio di provocazioni e dichiarazioni d’amore.
Frida e Diego sono travolti ognuno dalla propria rivoluzione, ognuno porta avanti la propria lotta.
Diego Rivera è il pittore più famoso del Messico rivoluzionario, quando incontra per la prima volta Frida nel 1922. Il governo del Messico, all’indomani della rivoluzione, gli commissiona le grandi pitture murali di luoghi pubblici come il Ministero dell’Istruzione e la Scuola Nazionale d’Agricoltura e ben presto diventa il principale esponente del Rinascimento Murale Messicano. Le pitture murali sono per Diego il simbolo dell’arte fruibile da tutti, oltre che un veicolo attraverso il quale diffondere importanti temi politico sociali. La sua rivoluzione è profondamente legata alla sua terra, la sua arte è estremamente politicizzata e racconta la storia di un popolo umile unito nella lotta per un futuro comune.
La rivoluzione di Frida Kahlo invece è una rivoluzione interiore. Un terribile incidente stradale la condanna ad una vita di dolore fisico, rinunce e limitazioni. Da autodidatta rende l’arte la sua ragion d’essere e la sua finestra sul mondo. La solitudine, la maternità negata dalla malattia, il suo corpo martoriato si intrecciano ad elementi di folclore messicano e diventano il centro della sua poetica artistica. Frida è una donna ribelle, che sente la morte sempre intorno e che riesce a trasformare la sofferenza in arte, con pennellate vivide e sofferte. Il suo spirito di ribellione, la sua sessualità libera e ostentata, ne fanno ben presto il simbolo dell’emancipazione femminile. Le furono dedicate tre importanti esposizioni: a New York nel 1938, a Parigi nel 1939 e un anno prima della morte a Città del Messico.
Le loro Rivoluzioni si intrecciano quindi in un amore lungo e tormentato, costellato di tradimenti e colpi di scena, destinato ad entrare nella leggenda. La mostra si presenta estremamente bilanciata, grazie ad i due linguaggi diversi, ma complementari, che riescono a dare ritmo oltre che una sensazione di completezza.
Frida si racconta tramite i suoi autoritratti su olio, su masonite, su alluminio come Diego in my mind, Self-portrait wearing a Velvet Dress, o Diego and I, o ancora il Self Portrait in a sun flower, che dipinge pochi giorni prima di morire, ma anche attraverso i disegni ed il corsetto di gesso sul quale dipinge la falce e il martello comunista sopra il feto del proprio doloroso aborto.
Di Diego invece sono presenti in larga parte dipinti su olio, in particolare i grandi ritratti nei quali eccelleva come Portrait Dama Oaxaqueña, Calla lilly vendors, anche il taccuino del viaggio in Italia, mai esposto prima. In mostra anche la ricostruzione di The Arsenal, il famoso murale che Diego dipinge nel 1928 nel cortile interno del ministero della Pubblica Istruzione. L’immagine rivela tutta l’ammirazione del pittore per la sua donna, affidandole un compito importante nel risveglio della nazione: Frida, con indosso una camicia rossa decorata con la stella a cinque punte, simbolo del comunismo, distribuisce le armi ai combattenti, rappresenta la figura portante del murale con cui si apre la grande ballata sulla rivoluzione.
Ma la sintesi della diversità dei due tratti e delle due filosofie è contenuta ne il Ritratto di Natasha Gelman (1943). In questo caso i due artisti si cimentano dipingendo lo stesso soggetto, una donna nobile e facoltosa, ma sembrano aver ritratto due persone completamente diverse. La posa e la composizione del ritratto eseguito da Rivera rimandano a una sensualità plastica, che Frida volutamente ignora, mettendone in risalto invece l’austera nobiltà, nel suo tratto più vivido e primitivo.
Lo scatto finale che rende l’opera di Frida estremamente più contemporanea, rispetto all’arte di Diego è dato dall’empatia. Frida mette a nudo il suo universo emotivo, le sue paure e le sue fragilità e dall’altra parte della tela chi la osserva riesce a toccare il suo dolore e rivive il proprio a suo modo, creando un’atmosfera di magica complicità. E nonostante i tormenti, il suo grido nell’ultimo quadro è un inno alla gioia, un ammiccare quasi sarcastico a quello che è stato e a quello che dietro l’angolo ci aspetta.
Come dice Frida, Viva la Vida!
Tutte le info sulla mostra le potete trovare su: www.fridakahlogenova.it.
Di seguito l’introduzione a cura di Helga Prignitz-Poda.
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