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SONO STATE LE CAVALLETTE
ARTS

Una Scena per Crash Kid: l’Hip Hop torna alle origini



“Una notte ci ritrovammo a dipingere in yard io, Crash Kid, Eron, Naps e Rusty e andò tutto bene. Tornammo lì la sera dopo e poi la sera dopo ancora e ci beccarono”. – Deemo

Il suono delle rotaie mi ha accompagnato come ogni volta e scesa da quel treno non sapevo che la destinazione non sarebbe stata solo la capitale, ma un balzo verso il passato: quello che non ho mai vissuto, quello che mi era stato narrato con un po’ di nostalgia nella voce e note di rammarico mal celato.

Una galleria di suoni, brusii e odore di nitro.
Due del pomeriggio e l’aria è colma di ricordi, parole e sorprese: persone che da tutta Italia hanno raggiunto quella galleria per ricordare Massimo Crash Kid Colonna e omaggiarlo con ciò che è la loro arte.

È stato l’Hip Hop.

Quella cultura così inflazionata è tornata per un giorno rievocata, pura, originale.
Una giornata per ricordare chi era Crash Kid, un giorno per rimembrare quale sia lo spirito con cui è nata quella cultura che ha unito persone, pensieri, musica, immagini e animi.

Chi c’era e si è incontrato dopo anni, l’ha ricordato; chi non c’era e non l’ha mai sperimentato, l’ha imparato: l’unione tra persone che si guardano negli occhi, che condividono un’arte (la propria o quella di altri), che mischiano colori a frasi che rimarranno.

Quella galleria così cupa e patinata, in poche ore si è illuminata di colori e conversazioni.

Le mura hanno assorbito spray e talenti passati; chi è passato ha osservato l’entusiasmo di abbracci lontani, sorrisi ritrovati e qualche capello bianco, ma con la stessa lucentezza nel profondo dell’iride di quegli anni Novanta.

Napal Naps, chiedendomi se nel frattempo avrebbe potuto continuare a dipingere, mi ha raccontato la storia di come nell’ ‘87 “Massimo era uno dei pochi breaker che c’erano a Roma al tempo. I graffiti non erano un fenomeno sviluppato come oggi. Era una cosa di nicchia e le persone che dipingevano a quei tempi erano tre in totale” Napal ha faticato a ricordare i luoghi per rendere più dettagliata la sua storia, ma l’essenza è il racconto stesso: “lo incontrai (tanto tempo fa), gli feci vedere questi sketch dei miei graffiti e mi disse che voleva imparare a graffitare. Dato che io volevo imparare a ballare la breakdance, lui mi disse che mi avrebbe insegnato, se io avessi fatto lo stesso con lui. Per il nostro knowledge siamo diventati amici e da lì abbiamo deciso di creare una crew insieme: L.T.A.”. Guardandosi intorno, mi ha indicato il tunnel gremito di persone e ha continuato, “Massimo abitava vicinissimo al posto dove stiamo ora e nell’ ’89 per la prima volta siamo venuti qui a dipingere, dall’altra parte: era un posto storico per noi”. Il primo memorial per Crash Kid fu realizzato esattamente nello stesso luogo in cui eravamo: stessa atmosfera, stesse gestualità. Il writer mi ha spiegato che “la murata è rimasta intatta per quasi diciotto anni; si stava deteriorando e il Comune ha deciso di imbiancare tutto. Dopo poco tempo il Comune ha contattato Solo, mio amico, chiedendo se voleva dipingere”. Solo, street artist romano, ha ricordato – mi ha raccontato Napal – che “era la murata di Massimo. Mi ha contattato e ho pensato di chiamare tutti i suoi amici di tutta Italia – e non come la prima volta che eravamo tutti di Roma – dedicandogli un’intera giornata, fedeli allo spirito dell’Hip Hop”. Dopo sei mesi Napal è riuscito insieme a Solo ad organizzare la parte del writing, DJ Baro la sezione musicale, convocando MC’s e DJ, mentre BBoy Serio e Tim degli Urban Force si sono occupati del breaking.

Oltre ai personaggi originari che hanno gettato le basi e hanno lentamente costruito la storia dell’Hip Hop italiano, accanto abbiamo ritrovato anche chi Crash Kid non l’ha mai incontrato e Napal mi ha spiegato che “qui, siamo quattro generazioni: su questa murata vedrai tutti i pionieri della scuola romana, di Firenze, di Bologna, di Torino, di Milano, di Ancona; poi abbiamo deciso di chiamare gli appartenenti alle generazioni successive a cui è stato tramandato quello che hanno cominciato le persone qui. È una giornata in cui abbiamo voluto avere anche un incontro generazionale: uno scambio per far capire lo spirito con cui è iniziato tutto”. Le motivazioni per le quali è stato deciso di riunire più esponenti di diversi decadi si basano sul fatto di “sviluppare il proprio talento e condividerlo: questo è lo spirito che avrebbe voluto Massimo”.

Solo, che ha dato forma ai lineamenti di Crash Kid, mentre Diamond tracciava linee per il suo nome, ha partecipato alla parte artistica del memorial day, anche se “Massimo non l’ho conosciuto, perché ero troppo piccolo, però è da quando avevo tredici anni che il suo nome risuona nelle leggende” e riguardo alla manifestazione che si è creata ha confermato l’opinione generale, ovvero che “è stata una cosa epocale. Non vedevo una cosa del genere da vent’anni a Roma”.

La realizzazione non è stata solo merito degli organizzatori, ma soprattutto della “partecipazione da parte di tutti: dei graffitari, dei rapper, dei DJ, dei breaker”.
È questo che ha fatto emozionare chi si è ritrovato in quella galleria satura di tossicità e colore, accanto alla vecchietta del quartiere che con un grugno diffidente si è addentrata nella luce giallastra, schivando i writer che lentamente si allontanavano, camminando all’indietro senza guardare, per analizzare se il loro operato era concluso, se il loro pezzo li soddisfaceva. E “utopicamente parlando la scena dovrebbe essere così coesa sempre, non solo quando qualcuno muore o per ricordarlo vent’anni dopo”.
Ma le cose cambiano e “la vita di oggi ci ingabbia. Ognuno ha i cazzi suoi e quindi rimane poco tempo per fare ste cose, però poi quando succedono la potenza sprigionata la vedono tutti”.

Ed è con quella street art che Solo ha impresso sulle mura dell’entrata davanti alla strada le sembianze di quel ragazzo che girava sulla testa e con ciò è stato onorato di “aver contribuito ad un pezzettino della sua storia, lavorando per questa Jam”.

Percorrendo la galleria, occupata da entrambi i lati da quei writer delle quattro generazioni, ho incontrato Amir (o Er Cina) che mi ha raccontato come “Massimo è stato uno dei miei maestri, soprattutto nella breakdance. Io ad oggi sono un rapper, ma vengo da un movimento Hip Hop. Quando ho iniziato tutti noi abbracciavamo ogni aspetto di questa cultura: chi faceva rap, aveva anche un tag. Ad oggi i ragazzi che si avvicinano lo fanno col mainstream e si perdono tutto questo” e il punto da focalizzare in questa Jam è “riportare per un giorno in strada quello che è Hip Hop, con tv e internet spento: l’Hip Hop è stare in strada con gli amici”. Se Amir oggi è un rapper lo deve al fatto che “puoi esprimerti”.

Andando avanti, ho scorto, arrampicato su un impalcatura Bol 23 e allora gli ho chiesto come aveva conosciuto Massimo: “Ad una jam ad Ancona. Anche se eravamo di Roma non ci eravamo mai incontrati: è stata una grande emozione perché io già lo conoscevo per la sua fama e sono contento di questa reunion della vecchia scuola, perché è quello che avrebbe voluto lui e da dove sta, gioirà di questa nostra festa”.

Ho vagato, li ho studiati, così attenti, concentrati nella forma, osservando quello spirito che alcuni di loro avevano perso nel corso degli anni, deviati dalla propria vita, allontanati dalla strada e che in quell’occasione hanno riacquisito immediatamente, prendendo in mano uno spray, analizzando le pareti imperfette. Altri invece, non hanno mai nascosto il loro istinto e hanno continuato a dipingere, senza farsi sorprendere dalla casualità e hanno perpetuato la loro arte. Ripassando ancora per lo stesso tratto, trovando sempre un nuovo scenario, più completo davanti ad ogni pezzo, ho incontrato Stand che ha iniziato a dipingere con Crash Kid. “L’ho conosciuto nel ’90 al concerto di Afrika Bambaataa e lui non era Massimo, era “quello che girava sulla testa”. Lui ballava breakdance e io facevo graffiti. Abbiamo fatto il crew MT2 insieme – da leggere in inglese e trovare un’assonanza ad una polivalente esclamazione romana, ndr -, gruppo con cui ho dipinto con Massimo i primi treni” e l’evento è stata occasione “per riunire nel ricordo di Massimo, un’umanità che si era un po’ dispersa”.

Tra gli schiamazzi, le urla di gente che si incontra di nuovo dopo anni, si tira pacche sulle spalle e si sorprende, ho intravisto degli occhi azzurri di un Bboy che dalla Svizzera era sceso per Crash Kid con cui “abbiamo vissuto diversi eventi insieme in Svizzera, in Germania, anche in Italia” mi ha confidato Crazy “sono arrivato qui e mi sono venuti i brividi, perché tutta questa gente è incredibile. È bellissimo che gli organizzatori siano riusciti a creare un evento dove la gente si ritrova dopo tanti anni, senza pensare né a denaro, né a cosa vincere, ma solo ad una persona importante per questa città e per la cultura Hip Hop”, e concludendo con un “peace” si è immerso nuovamente nelle sue intense conversazioni.

In mezzo a “ciao”, cinque alti e baci, ho parlato anche con chi non ha dipinto spazi su quel muro imbiancato. Mentre qualcuno è passato velocemente dalla galleria, disprezzando la quantità di “TOY e non amici di Massimo invitati”, Gast tra tag sugli zaini e foto, ha considerato che “c’è qualche nome antico e storico, ma c’è anche chi non c’entra niente”. Un’opinione diversa dal concetto di Naps e della sua visione della Jam. Il writer, icona del crew ZTK, ha espresso un lieve disappunto nel sistema organizzativo e ha concluso dicendo che “sicuramente ci sarebbero stati altri personaggi che avrebbero potuto dipingere al posto di alcuni, dando una rappresentanza più profonda; anche perché c’era tanta gente che manco era nata quando è morto Crash Kid”.

Arrivato il pomeriggio, ecco che la galleria è diventata un fulcro di facce note, inaspettate; emblemi dell’Hip Hop si sono presentati all’improvviso tra la folla e incrociandosi hanno rivissuto gli anni in cui hanno iniziato, quelli in cui hanno dato l’avvio a tutto ciò che lì hanno ritrovato. Kaos passeggiava tra sguardi increduli, mentre il nitro saturava l’aria; Danno con lo spray in mano ha taggato il muro, lasciando un messaggio; Chef ha abbracciato Deemo, concentrato accanto a Zero-T, che è esploso in un sorriso condiviso ed è lì che è trasparita l’emozione che le persone con cui avevo parlato, avevano cercato di spiegarmi: “Sto benissimo in questo momento. Sono molto contento di aver dipinto e aver dato una mano a Naps per il manifesto” e Deemo ha rimarcato che “è bellissimo rivedere gente che non incontravo da un sacco di anni e dipingere anche con nomi che bombardano Roma adesso”. In più, oltre ad essere soddisfatto del pezzo concluso con Zero-T, mi ha confidato la primizia che “poteva anche essere un’occasione per ufficializzare l’entrata di Eron nella crew”, ma purtroppo non era riuscito a partecipare.

La jam è proseguita poi – dopo una breve pausa in cui ci siamo tutti separati per cenare -all’Acrobax, in cui ci siamo riuniti nuovamente per assistere ad un palco, che ha ospitato DJ’s ed MC’s importanti nella vita di Massimo ed essenziali per sottolineare i valori dell’Hip Hop, dichiarati qualche ora prima.

DJ Baro, qualche giorno dopo, con il tempo necessario per metabolizzare quello che è successo mi ha spiegato che “è stato qualcosa di unico, che mancava da anni a Roma: una festa per tutti”. La considerazione del DJ del Colle Der Fomento, che ha accettato di occuparsi della parte musicale in Jam 2, condivisa anche dagli altri organizzatori è stata che “c’è stata una medesima partecipazione sia da parte del pubblico, sia degli artisti: se stavi sopra al palco o stavi sotto era la stessa cosa. Tutti uguali e tutti divertiti”. Era questo l’obiettivo della commemorazione di Massimo: incontrarsi e stare bene. Questo è successo: “per un giorno è come se tutti si fossero dimenticati dei propri scazzi e tutti erano felici”. È stato un messaggio più ampio, che oltre a commemorare, ha ricordato e spiegato ai più giovani di “cercare di non attendere che scompaia un amico per tornare a stare insieme”. È stato un monito lanciato per dimostrare quanto può essere bello spartire un’esperienza, scambiando idee, ricordi, pensieri, “qualcosa di positivo da vivere sul posto, una condivisione della cultura” e realizzando qualcosa che può rimanere per un periodo su un muro, per poche ore come musica in un locale, ma per sempre nella memoria.

Photo Credits: Danny Leeno by The ProudAction
Post Production Photo Credits: Anya Baglioni