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R1, il robot tuttofare entra nelle case



R1 “your personal humanoid”.

R1 è il robot per le famiglie, creato per lavorare fianco a fianco con l’uomo.

R1 è il primo robot a basso costo concepito per il mercato di massa, sviluppato da un team di 32 ricercatori, capeggiati da Giorgio Metta e appartenenti all’Istituto Italiano di Tecnologia (lit).

R1 robot

R1 è un tuttofare che può essere impiegato per le faccende domestiche, in ufficio, alla reception di un hotel o in luoghi inaspettati e ancora sconosciuti.

R1 esiste già, manca solo la produzione in serie, prevista però per i prossimi 18 mesi. Cercando di mantenere i costi accettabili è stato creato in plastica per il 50% e in fibra di carbonio e metallo per l’altra metà.

Come per ogni mercato, il prezzo dipenderà dalla quantità prodotta. Il costo dei primi 100 robot è di 25mila euro l’uno. L’obiettivo finale è quello di arrivare a produrre abbastanza pezzi in modo da fissare un prezzo che si aggiri intorno ai 3000 euro, questo porterebbe R1 dalle aziende (es. aeroporti, ospedali, hotel) alle case.

I cugini di R1, come iCub, spesso sono stati costruiti per studi sull’intelligenza artificiale e non per il mercato di massa, il prezzo dunque non è mai stato una variabile fondamentale; R1 si pone in modo completamente diverso, quasi opposto.

Quali sono le caratteristiche di R1? Quale la sua anatomia?
R1 robot

  • Peso: intorno ai 50 kg
  • Altezza: parte dai 125 cm e arriva fino ai 140
  • “Mani” prensili dotate di sensori per il senso del tatto. Arti allungabili
  • Solleva fino a 1,5 kg
  • Volto: led a colori su cui compaiono espressioni facciali stilizzate tipo emoticon. Possiede due telecamere e uno scanner 3D per l’equilibrio e la percezione del suono. Inoltre al progetto hanno partecipato anche degli psicologi in modo da realizzare un robot che non generasse ansie o paure.
  • “Pancia”: al suo interno ha 3 computer che determinano le capacità di R1 e una scheda wireless per gli aggiornamenti e per poter ricavare informazioni utili sull’uomo.

Concludo aprendo una brevissima parentesi personale.

Non so a voi, ma la questione dell’intelligenza artificiale un po’ mi stuzzica un po’ mi inquieta.

Non userò questo articolo per aprire un trattato a riguardo ma, la capacità di R1 di reperire concetti utili sull’uomo è quantomeno strana e il naso un po’ me lo fa storcere.

Escludendo chiaramente il fatto che Google già lo fa, escludendo interi trattati di filosofia e anche Minority Report, resta comunque il  fatto che R1 dovrebbe dormire nel nostro salotto.

Dall’altra parte, ed è qui che la vena romantica e curiosa mi assale, non posso non pensare al cinema e, quasi come diretta conseguenza, arriva la visione di Her  di Spike Jonze e dell’invisibile ma onnipresente Samantha (se non l’avete visto vi consiglio di guardarlo. Rigorosamente in lingua originale che il doppiaggio è agghiacciante).

La sensazione della voce calda e seducente di Samantha (aka Scarlett Johansson) della quale, se avessimo potuto, ci saremmo innamorati tutti. L’amore per un’idea, per la conoscenza, per le nostre fantasie, l’idea dell’amore inafferabile (concetto, quest’ultimo, che risulta tutto femminile nella contemporaneità, lo so).

her film

Per non aprire il capitolo Wall-E, il film di animazione della Pixar e senza doverci adentrare nel ginepraio del cinema d’essai.

Non dico che ci deve essere necessariamente la strada giusta da percorrere, magari non è bianca o nera, del resto la tecnologia è uno strumento, a noi sta saperlo usare nella misura più equilibrata, positiva o necessaria (se di necessità si può parlare).

Non avendo una risposta definitiva da dare a questo nuovo modo di gestire la quotidianità sospendo il giudizio e ascolto la canzone di Karen O in Her, una ballata cantata appunto dalla nostra cyber-Samantha.

A chi se la sente lascio le fila da tirare sulla questione.