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Cosa fare per cambiare (1 di 3)



Non esiste niente di più costante del cambiamento.
Tutto in natura cambia continuamente.

Come si fa a rimanere sé stessi quando tutto intorno cambia?
Prendiamo esempio dai professionisti:
avete mai visto un equilibrista restare immobile?
Per camminare su una fune tesa servono continui aggiustamenti, tenendo conto della flessibilità della fune, del vento, della forza di gravità.

L’equilibrio non è uno stato rigido, ma un processo dinamico e flessibile di adattamento all’ambiente.
Questa flessibilità è un traguardo che otteniamo in molti campi con il duro allenamento.
Pensiamo agli improvvisi cambi di strategia richiesti in una partita di calcio o in un incontro di scherma.
Perché allora manca questa flessibilità quando c’è da salvare un matrimonio, affrontare un trauma o salvare un’azienda in crisi?

Ognuno di noi tende ad applicare un unico tipo di soluzione a problemi simili, ma a volte il nostro “protocollo”, che in precedenza aveva funzionato, non va bene nell’affrontare una determinata situazione.
A questo punto possiamo decidere se intestardirci nel reiterare una soluzione che non funziona o cambiare strategia.

“Mi critichi sempre!” dice il marito.
“Perché tu non ascolti mai!” risponde la moglie.
“Perché tu mi critichi sempre!!!” ripete il marito.
Chi ha ragione? probabilmente entrambi o nessuno dei due, ma trovare il colpevole non serve a niente.
l’obbiettivo dovrebbe essere risolvere il conflitto. Ma l’ideologia ci paralizza.
A questo punto per i due coniugi le scelte sono:

1) Continuare ad accusarsi fino alla tomba aspettandoci che l’altro cambi mentre noi rimaniamo uguali (win-lose).
2) trovare un accordo cambiando entrambi la propria posizione (win-win).
3) Divorzio (lose-lose situation).

Ogni sistema si oppone al cambiamento del proprio equilibrio compensandolo o resistendo (omeostasi).
Anche se l’attuale equilibrio è disfunzionale.
Perché cambiare per raggiungere una nuova stabilità richiede molte risorse (allostasi) e quindi avviene solo quando è inevitabile.

Visto che il cambiamento è così faticoso,
il primo step per poter cambiare se stessi o una situazione è innanzitutto porsi un obbiettivo: cosa voglio cambiare?
Sembra ovvio ma è frequente lamentarsi della propria situazione senza avere in mente una soluzione o, addirittura, il cambiamento che si vuole ottenere.

Questo porta a una prematura paralisi di qualsiasi tentativo, che viene sistematicamente accantonato fino al ripresentarsi del problema.
Dopodiché si ricomincia a rantolare su quanto le cose non vadano bene, magari dando la colpa a qualcuno (vedi esempio dei coniugi) in un loop infinito che non risolve niente.
Allo stesso modo, cambiare senza un piano preciso ci fa perdere per strada.
“Partire dopo per arrivare prima” significa proprio questo: assicurarsi di essere pronti prima di iniziare il cammino, in modo da renderlo il più lineare possibile.

Martedì prossimo vedremo cosa fare una volta scelto l’obbiettivo.
Nel frattempo pensateci bene, perchè “nessun vento è favorevole al marinaio senza una rotta”.

Nell’attesa potete leggere quello che ho già scritto a proposito di quanto sia difficile cambiare idea.