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Le intolleranze alimentari a tavola sono chic. Sbagliato!



Le intolleranze alimentari, sconosciute ai più fino a 20 anni fa, ormai sono diventate una moda di dubbio gusto.

Non dite di no.

Mi sono trovata a fare questo discorso sulle intolleranze alimentari milioni di volte.

A dirla tutta, anch’io verso i 16 anni sono stata vittima del trend che, per coloro che dopo anni di sudore sui libri si sono specializzati nell’alimentazione, suona più o meno così: “sono stata da un rabdomante e, ascoltando le vibrazioni dell’acqua nel mio corpo, mi ha detto che ho dei blocchi dovuti ai carboidrati che assorbono tutti i liquidi e non ne lasciano al mio intestino. Per questo ho la colite. Poi si sa, l’intestino è il cervello emotivo, infatti mi ha detto che ho anche dei problemi irrisolti con le figure genitoriali”.

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Poi sono cresciuta e la mania di protagonismo si è attutita.

Ho fatto delle prove allergiche serie, senza bacchette magiche e ho scoperto alcune cose. Di queste cose che ho scoperto a volte me ne faccio qualcosa, altre volte faccio finta di niente.

In più, illuminazione, ho imparato a guardarmi intorno e chi rompe con le intolleranze alimentari, rompe davvero e soprattutto, non viene preso più sul serio da nessuno.

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Se avete degli irrisolti con il cibo, se sfogate lì i vostri irrisolti -come spesso fanno molti, me inclusa-, non è necessario farlo sapere a tutti perché:

  • Non interessa a nessuno.
  • Risultate un po’ sciocchi.

Così quando l’amico avrà quel tartufo meraviglioso da condividere, se fate parte di questa categoria, non ne godrete perché non verrete chiamati.
Del resto le linguine non potete mangiarle, siete intolleranti al frumento! E no, nessuno sceglierà per voi un risotto al posto della pasta fresca fatta dalla nonna.

Tanto lo sanno tutti, il vostro problema sono i sensi di colpa.

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I fidanzati, i coniugi, i genitori e gli amici più stretti, purtroppo fanno parte di quella cerchia che invece si dovrà sorbire tutte le psicosi. Il punto a favore è che la cosa è vicendevole anche con le psicosi dell’altro.

Parlo soprattutto con noi donzelle, la nostra linea non dipende dagli 80 grammi di pasta che non ci mangiamo. Dipende dalla totalità dello stile di vita che conduciamo, ma va?!

Inutile privare il nostro palato di ogni prelibatezza offerta dalla natura e poi stare semi-sdraiate sul divano, a sorseggiare una bottiglia di Pinot con l’amica.

Per non parlare dell’immaginario collettivo, che ci vede a piangere l’amore appena finito affogando in una vasca di gelato.
Doppia punizione: la prima sono state le corna del fidanzato, la seconda è associare continuamente il cibo a situazioni critiche. O vorrei ma non posso, o stavolta me lo merito perché sono a pezzi.

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Eviterò deliberatamente la questione: dovremmo accettarci per come siamo. Ed eviterò anche di fare “psicologia da bar” parlando dei modelli sbagliati che ci offre la società.

Fortunatamente qualcuno ha fatto chiarezza tanto tempo fa: “ciascuno è artefice del proprio destino”.

giordano bruno

Tutta questa discutibile premessa è stata fatta per illustrarvi brevemente un articolo che, nonostante la scarsa utilità, ho letto ghignando. Un trafiletto uscito su Ansa nella sezione Life Style.

L’articolo dice così: l’Accedemia Italiana Galateo ha fatto un sondaggio sul buon gusto e l’eleganza degli italiani, concentrandosi soprattutto sui 35enni.

I risultati che riguardano la parte dedicata all’alimentazione sono pessimi.

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Nello specifico (riportando dall’articolo Ansa):

Gli errori più comuni degli italiani a tavola, in tema di buon gusto nella scelta dei cibi e degli inviti a cena, secondo l’Accademia:
1) il 75% crede che i piatti della tradizione siano “rozzi” e poco eleganti.
2) il 65% crede che sia indice di raffinatezza avere particolari esigenze nel cibo. Le intolleranze alimentari (o presunte tali) sono considerate chic.
3) il 70% crede che sia più elegante invitare una persona ad un sushi all you can eat che invitarla in una trattoria storica.
4) il 82% pensa che le eccellenze del territorio siano buone ma poco indicate per un dono.
5) il 76% sostiene che, in un’occasione importante, sia più opportuno bere champagne che un buon prosecco italiano.

Per i curiosi del buon gusto QUI ci sono alcune pillole sul galateo.

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Poi che c’entra lo sappiamo che la sostanza è più importante della forma ma davvero, quasi nessuno è interessato ad essere coinvolto dai nostri turbamenti, alimentari e non.
A meno che non terminiate il vostro sfogo con la parcella all’analista e un appuntamento per la seduta successiva.
Io ho optato per quest’ultima opzione.