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NUCULARE, SI PRONUCIA NUCULARE
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Ottenere ragione o far saltare tutto in aria



Come mai alcune persone sono così testarde da rifiutare anche solo di discutere di un dato argomento?
E come mai non capiscono che la nostra argomentazione è di gran lunga più sensata della loro? (LOL)
Come mai non si arrendono di fronte ai nostri riscontri oggettivi ma insistono negando la realtà? (stra-LOL)
Proseguiamo il discorso dalla settimana scorsa e vediamo alcune ragioni nel dettaglio.

1 – NON SI POSSONO PERMETTERE DI CAMBIARE IDEA.
Ho già scritto di quanto sia difficile, spesso doloroso, cambiare idea su qualcosa di cui siamo convinti.
La negazione è sempre il nostro primo riflesso di fronte a una cattiva notizia o a qualcosa che ci sorprende (“nooo dai non ci credo!!“).
Se poi la mia convinzione è uno dei pilastri su cui ho costruito la mia autostima o la mia identità personale, cambiare idea mi costerebbe moltissimo.
E forse preferisco rifiutarmi, anche di fronte all’evidenza, continuando a credere a ciò che mi tiene in piedi.
Come i topi che a volte decidono che guarire da una malattia gli costa troppe risorse, e se la tengono.

2 – NON SI POSSONO PERMETTERE DI DARTI RAGIONE
Bastano tre parole per descrivere questo caso: politici in TV.
Molti filosofi, tra cui il mitico Schopenhauer, indicano lo sproloquio o l’attacco sul piano personale come ultime risorse per non perdere in un dibattito.
Messo all’angolo, un politico in TV diventa come una bestia ferita che ringhia per sopravvivere:
Non può dare ragione all’avversario a nessun costo quindi tanto vale innescare l’autodistruzione come nei film Sci-Fi. KABOOM.

La differenza tra questi due casi è che in quest’ultimo chi nega sa benissimo di avere torto, mentre nel primo crede davvero di avere ragione (perchè deve crederci).
Un rapporto di coppia, lo staff di un ufficio, uno a cui non vogliamo darla vinta. Gli esempi sono ovunque.
Ma andiamo avanti, vediamo un’altra possibile ragione per cui il mio interlocutore non mi sta nemmeno a sentire.

3 – SONO IO QUELLO CHE SBAGLIA
Mettiamo che mi arrivi in studio una ragazza anoressica portata a forza dai genitori.
Mettiamo anche che il livello del disturbo sia tale da aver intaccato le funzioni biologiche (ovvero una situazione OGGETTIVAMENTE dannosa).
La ragazza si sente bene (alcune neurotossine prodotte dalle persone estremamente sottopeso danno loro un’energia che appare portentosa), e si vede persino grassa alla specchio (un noto effetto di distorsione percettiva anch’esso tipico della deprivazione alimentare).
Pensate che io le dica “devi mangiare perchè blablabla?

Certo: è la verità e avrei molti dati oggettivi a supportare la mia tesi, ma è anche quello che si sente ripetere ogni giorno da TUTTI, è quello che si aspetta di sentire da me, ed è anche la parola d’ordine per essere classificato come persona che non la capisce.
Come ho scritto la settimana scorsa: la ragione me la friggo.
Ricordiamoci sempre che la dialettica è una danza dove l’uno cerca di portare l’altro nella propria coreografia.
Ma può farlo solo finché l’altro continua a ballare.

Cambiare la percezione dell’interlocutore è l’unica strada per potergli far capire il nostro punto di vista.
Per aprire una strada che porti il nostro contenuto all’attenzione dell’altro, ovvero per farlo “ascoltare”.
Uno dei miei maestri dice “cambiare gli occhi per toccare il cuore”.

Saluti & baci.