Aspettavo l’uscita di questo film con un’ansia ed un’aspettativa paragonabili solo a quelle che avevo addosso nel 2012 per il primo Avengers e nel 2015 per il ritorno di Star Wars al cinema.
Sì, perché la pellicola originale da cui tutto ha avuto inizio nel 2014 è, ad oggi, il mio film preferito di tutto quel fracassone carro carnascialesco che è il MCU.
Come potrete ben immaginare è emotivamente complesso andare al cinema per vedere il seguito di una storia che hai tanto amato, con la paura (ben nascosta), che queste nuove avventure possano in qualche modo “rovinare” quanto di buono fatto prima per dei personaggi che sono prepotentemente entrati nel tuo immaginario e in quello collettivo.
Mettiamo subito in chiaro la cosa più importante di tutte: Guardiani della Galassia vol.2 non ha rovinato nulla, anzi, se possibile mi ha fatto innamorare ancora di più di ogni singolo personaggio rappresentato nella pellicola.
Quello che ho trovato in sala ad aspettarmi è stato un sequel eccezionale.
Capire da dove iniziare questa recensione è difficile, così come evitare di scadere nei toni da fanboy che tanto danno fastidio a qualcuno ma che stanno già bussandomi sulla spalla, come la peggiore scimmia da tossico.
Potrei parlarvi lungamente dell’autorialità di un progetto come GOTG, perché sì cari lettori: un blockbuster sci-fi tratto da un fumetto può essere un film d’autore.
Basta capire cosa significhi essere d’autore.
In ogni scena, ogni fotogramma, ogni colore, in ogni parolaccia di Vol.2, noi spettatori ritroviamo chiaramente la firma di James Gunn. Il regista quarantasettenne di St.Louis, ha inondato la pellicola di tutto ciò che per lui conta come uomo e come artista: l’estetica fluo anni ’80, un’etica fortemente punk-rock e anti establishment (i Soverreign sono dei fascistoidi ossessionati dall’apparenza e dall’eugenetica, Gunn li fa quindi fottere dal più punk dei suoi personaggi: Rocket), i punti cardine pop per chi è cresciuto fra gli anni ’70 e gli anni ’80 e così via.
Guardiani della Galassia vol.2 è il prodotto inalterato della fantasia del suo autore, ciò ne fa quindi un film d’autore nel senso più pedissequo del termine.
Potrei anche parlare dell’azione strepitosa, della colonna sonora che esattamente come nel 2014 fa da preciso contrappunto alle avventure della banda di idioti più adorabile dell’Universo, degli effetti speciali che ormai sono arrivati a livelli che, fino a non più di 10 anni fa, sembravano ridicoli anche solo da pensare.
Per atterrare poi in zona “sceneggiatura” come una maldestra Milano, dove nel tessere le lodi di Gunn (sì, ha anche scritto la sceneggiatura), potrei parlarvi per ore del fatto che finalmente abbiamo tra le mani un film di supereroi dove OGNI SINGOLO PERSONAGGIO in gioco, ha un arco narrativo ed emotivo assolutamente soddisfacente, un film dove “non si lascia indietro nessuno” come dice il Drax di un sorpendente Dave Bautista.
E i camei?
E le easter egg?
E Stallone?
E il regalo pazzesco che Gunn fa a noi fan, ma anche a se stesso in quanto fanboy numero uno, di confermare una delle fan theory più inutili ma più spassose di tutto il MCU?
Insomma avete capito che, a voler parlare di tutto, qui non finiremmo più.
Ecco perché voglio concentrarmi, da ora fino al termine dell’articolo, sulle due cose più importanti per me di questo film, dividendole in due macrocategorie:
– LA FANTASCIENZA CHE SMETTE DI AVERE VERGOGNA DI SE STESSA
Adoro il cinema Sci-Fi ok?
Sono cresciuto con l’Uomo-Ragno in una mano e un Millennium Falcon nell’altra, non me ne sono mai vergognato e mai me ne vergognerò.
Non sono in grandissima compagnia però, visto che da qualche anno a questa parte registi,sceneggiatori,major e (purtroppo) fan di tutto il mondo, non fanno altro che tirare per la giacchetta il filone fantascienfantasysupereroistico* al grido di: “vogliamo più realismo, gli eroi devono essere GROUNDED,vogliamo razionalità e spiegazioni plausibili, vogliamo Kip Thorne che ti spiega come funziona un buco nero”.
No cazzo.
Io voglio sognare, voglio immaginarmelo da solo come funziona il motore della Milano di Star Lord, voglio fantasticare sulle invenzioni di Rocket e di Stark, voglio sognare di incontrare un folle ed improbabilissimo Celestiale alto 2 km, voglio commuovermi pensando di abbracciare un albero parlante dal cuore d’oro senza che nessuno mi spieghi che “non è possibile” “non è razionale”, “non si può”.
Ecco appunto: non si può.
È la frase che uccide la fantasia, che stermina i sogni.
Purtroppo negli ultimi anni, è come se il cinema di fantasia si fosse impegnato per privare certi filoni di quel sentimento sognante, un po’ cazzaro, che ha accompagnato gli anni della formazione per quelli della mia leva.
Ai Guardiani non frega un cazzo del realismo, i reietti spaziali più amati del mondo, abbracciano ogni singolo atomo di quella filosofia stralunata e sognante che ha reso, per me almeno, la fantascienza una cosa così dannatamente importante.
Ed abbracciandola la nutrono, la coltivano a colpi di astronavi assurdamente grandi, di costumi improbabili e mostri coloratissimi.
Non si limitano però a fare quanto appena detto, Gunn e i suoi A-holes la fantascienza LA SPORCANO!
Finalmente abbiamo un autore ed un franchise che non ci propongono scenari, macchinari, tecnologie e altri topoi sci-fi in una veste immacolata e bianca come il latte, ma ci fanno immergere tenendoci il coppino con due mani nella polvere, nella ruggine, negli strati di vernici improbabili sulle carene delle astronavi, nei buchi sui muri.
Quando non preme l’acceleratore sull’effetto usura, Gunn ci propone scenografie ad effetto wow, utilizzando qualsiasi colore esista nella tavolozza per dipingere paesaggi letteralmente “alieni”.
E tanti saluti alle astronavi bianche e pulitine.
– FAMIGLIA
Per tutta la durata della massacrante fase promozionale della pellicola. il regista e il cast hanno sottolineato, intervista dopo intervista, quanto fosse centrale al film il concetto di famiglia.
Ci è stato detto che, se il primo capitolo era -al di sotto della patina sci-fi superomistica-, sostanzialmente la storia della nascita di una famiglia anticonvenzionale ed allargata, nel secondo il suddetto nucleo, sarebbe stato sottoposto ad uno stress di gran lunga maggiore: litigi ed incomprensioni, abbandoni e nuovi arrivi.
Avevano ragione, fino all’ultima sillaba. Il volume 1 era un film sul DIVENTARE una famiglia, il volume 2 ci spiega come RIMANERE una famiglia.
Anche quando la vita ci tira addosso di tutto.
Mi permetto di parlare in senso molto amplificato perché, sebbene nessuno di noi abbia mai dovuto affrontare orde di esseri geneticamente modificati o divinità dai bei capelli e dai piani misteriosi, abbiamo tutti dovuto, prima o poi, mangiare il nostro proverbiale cucchiaino di merda, fuori ma soprattutto dentro la nostra famiglia.
Quindi? Come si rimane una famiglia anche a dispetto di tutte le disgrazie possibili?
La risposta che i Guardiani ci danno è estremamente semplice ma non per questo meno significativa: si impara ad amare e, soprattutto, si impara ad accettare di essere amati.
Si impara ad accettare se stessi, anche quando questo significa rinunciare all’epicità dell’essere supereroi, per attingere alle memorie infantili ed un po’ ridicole di un bimbo degli anni ’80, cresciuto nello spazio da un gruppo di criminali.
Un film perfetto allora, pronto a diventare un classico del genere senza se e senza ma.
Come dite? È impossibile che una pellicola non abbia difetti?
Ma non vi va mai bene nulla però!
A chi importa di qualche battutaccia a sfondo sessuale un po’ forzata quando, con UNA SINGOLA SCENA, ci si diverte e si ride fino alle lacrime? (Per chi ha visto il film basti questa citazione:”700 salti!”).
A chi importa di una trama estremamente semplice, se questa lascia spazio ad una impeccabile caratterizzazione dei protagonisti a scapito del plot?
E a chi importa dell’assenza del fattore sorpresa scatenato dal primo film quando, ovviamente, conoscendo già questi reietti, sappiamo già a cosa stiamo andando incontro? Soprattutto quando a ricompensa, riceviamo un terzo atto che è senza ombra di dubbio il più emotivamente carico che si sia mai visto in tutta l’epopea del MCU?
Non a me, a me importa di aver vissuto per la seconda volta un’avventura che mi ha fatto tornare bimbo per due ore, assistendo alle peripezie di un nucleo familiare di spostati che litigano continuamente e si portano appresso un bambino durante una battaglia mortale con un mostro extra dimensionale alto 50 metri.
Ma che, alla fine, si amano profondamente al di là dei legami di sangue.
E questo mi basta.
Voto: 9,5
* voglio il copyright del neologismo.