Ho un amico che circa quattro anni fa ha cominciato a lavorare come modello per un agenzia di moda. È stato un po’ in tutto il mondo, dall’Inghilterra a Seoul ed ha posato per marchi come Etro e Gucci. Tra una trasferta e l’altra, raccontava a noi suoi amici i dettagli della professione, che io conoscevo solo per sentito dire.
Ho pensato che sarebbe stato interessante raccogliere per bene i dettagli della sua esperienza. Gli ho proposto di fare un’intervista e lui ha gentilmente accettato.
Qui sotto trovate la trascrizione, buona lettura.
Quando, dove e come hai cominciato a lavorare come modello?
Molto divertente. Ero a casa di amici a fare serata, avevo battuto tutti a Fifa, per completezza di cronaca, *ride*. Quando uno se ne esce che doveva andare alla stazione per vedersi con una tipa. Ci propone di accompagnarlo, e non avendo di meglio da fare, accettiamo.
Arrivati in stazione, mi approccia questo tipo che mi chiede se fossi di Firenze. Generalmente la notte nell’area della stazione non ci trovi gente molto raccomandabile, quindi risposi sbrigativamente. Se non fosse che poi questo se ne uscì chiedendomi se avessi mai pensato di lavorare come modello. Secondi di silenzio. Certo che avevo pensato di lavorare come modello! Avevo anche pensato di lavorare come attore, calciatore, pornoattore, se è per quello, ma chi pensava di finire a farlo sul serio.
Comunque, ci scambiammo i contatti, lui mi diede quello della sua agenzia e ci lasciammo in parola di risentirci successivamente.
Che ruolo ha la tua agenzia?
Inizialmente pensavo fosse la solita truffa; di quelli che ti coprono di promesse salvo poi chiederti denaro per book fotografici, bizzarri corsi di camminata e portamento. Dopo aver fatto delle ricerche, ho appurato che l’azienda esisteva effettivamente come realtà lavorativa. Con il contatto dell’agenzia, che poi è diventato il mio agente, ci siamo sentiti nel corso delle due settimane successive.
Io non curavo per niente i miei profili social – neanche ora a dire il vero – quindi mandai qualche selfie fatto con il cellulare.
Mi invitarono a Milano, dove conobbi il proprietario dell’agenzia, e altri collaboratori, con cui parlammo del lavoro e dei suoi aspetti.
Per quello che ho potuto vedere, le agenzie sono organizzate per i diversi compiti. C’è un’agenzia madre che cura, oltre la tua immagine, i rapporti di lavoro con le altre agenzie; o brand che si occupano di organizzare gli eventi intorno al mondo della moda, per cui sono richiesti i modelli.
Per la parte lavorativa, ovviamente è più complicato di così, non dipende tutto da loro. Ti possono organizzare dei primi appuntamenti, nella parte iniziale, con agenzie in altre città o Paesi. Poi comunque occorre darsi da fare in prima persona; facendo casting su casting quando non bastano quelli della tua agenzia. Dai quali potrebbero seguire contratti di collaborazione, usualmente di breve durata.
Invece, i grandi marchi quando devono fare casting si affidano alle agenzie più blasonate a livello locale; per il casting dei modelli in cui fare la selezione per la sfilata.
Aneddoto: c’era questo ragazzo che voleva sfilare per Gucci, solo che era con un’agenzia piccola, fuori dal giro grosso. Lui si è studiato lo stile Gucci, si è acconciato di conseguenza e si è fatto dare da un amico invitato al casting le varie informazioni. Una volta al casting dà un nome falso – che però non fosse troppo appariscente – e alla fine passa tutte le selezioni. Venne confermato per sfilare per Gucci alla Settimana della Moda a Milano. Ottimo risultato, considerato che ci sono persone che pagherebbero per poter dire di aver sfilato per Gucci. Inoltre generalmente gli intrusi ai casting vengono sgamati subito.
La città più importante in Italia per il settore moda è ovviamente Milano. Un modello, che vuole avere una continuità lavorativa, è lì che deve trasferirsi per partecipare regolarmente ai casting delle varie case.
Ci sono canoni estetici di riferimento? Chi sono i tuoi colleghi?
Per il reparto maschile ci sono grosso modo due categorie di riferimento.
La bellezza classica, quella in cui mettiamo come riferimento tutti i tratti dell’uomo virilmente inteso. Per intendersi *pensa* i vari 007, Brad Pitt e George Clooney possono essere un ottimo esempio di continuità di questa classe di uomo.
E poi c’è la bellezza fashion, la categoria dove rientro io, dove la figura è quella del ragazzo giovane, dai tratti efebici.
Naturalmente, la divisione non è mai netta, ma i vari brand si orientano all’incirca su queste due aree di riferimento. Dolce e Gabbana, Armani e Versace hanno come immagine di uomo la prima categoria. Se invece guardi la pubblicità di Gucci al posto della statua bronzea ci trovi Jared Leto.
Da quanto ho avuto modo di osservare, tra i miei colleghi c’è una predominanza sudamericana, brasiliani in particolare. Mentre l’altro grande gruppo di provenienza è composto da persone originarie dei Paesi dell’Est Europa. Questo per entrambi i sessi. Ci sono davvero troppi esempi, guarda una qualsiasi passerella di Victoria’s Secret, per dire.
Lavori spessissimo all’estero, come è organizzata la tua giornata lavorativa?
In trasferta i miei ritmi sarebbero quelli da lavoratore normale, se non abitassi a Firenze; che è una città a dir poco secondaria, ci ho lavorato solo due volte in quattro anni.
Ti alzi e se non hai incarichi confermati vai a fare quanti più casting possibili. Il lavoro vero e proprio si divide in due parti, quella di show e quella fotografica.
La parte di show, oltre alle sfilate, può limitarsi anche a quella di semplice presenza fisica in una show-room. Ad un evento come può essere Pitti ti vestono con capi che devono ancora uscire e tu devi stare a giro e farti vedere; è più tranquillo di solito, puoi startene anche per i fatti tuoi.
Alla parte fotografica, invece, segue la pubblicazione su piattaforme: un catalogo, un lookbook, locandine pubblicitarie o un editoriale; che in genere è uno shooting a retribuzione minima, ma è un ottimo biglietto da visita per i brand.
Le persone che lavorano nell’ambito fanno spesso più di un lavoro. Non è raro che ci siano diverse di queste che facciano i PR per locali notturni; i quali necessitano di personale che faccia bella atmosfera per attirare ulteriore gente che voglia divertirsi. Insomma, secondo le solite leggi di domanda-offerta della movida notturna.
In Italia, va soprattutto per le ragazze. In Asia, invece, i locali di prestigio fanno una selezione di ragazzi immagine molto più trasversale; è un punto di prestigio se un locale è frequentato da non asiatici. Più un club è prestigioso più può permettersi di fare selezione sugli avventori.
A Shangai in uno dei locali nella Top 5 al mondo, al livello di uno degli esclusivissimi di Milano; un tavolino di un metro quadrato scarso nel privé costa l’equivalente di duemila euro. Con due bottiglie di champagne nel secchio di ghiaccio eh che ti credi *ridiamo* e quello è il più economico.
Come modello vieni pagato per stare un tot di ore all’interno a fare bell’ambiente. Hai una sala privata di riferimento e le bevute sono coperte dal locale. Il pagamento varia da locale a locale. Una volta, sempre a Shangai, mi offrirono la formula di lavoro di quattro ore, invece che le solite tre, per un’equivalente di cento euro. Solo che dovevo fare presenza davvero attiva, fisso a ballare in pista, sempre sorridente e pronto a chiacchierare. Lì era troppo pure per me, ho rifiutato – *ride*.
Che attenzioni si devono rivolgere al proprio corpo, generalmente?
Le attenzioni che si rivolgono al proprio corpo dipendono dalla propria costituzione e dal metabolismo. Io non mi prendo troppa cura di me stesso e comunque rimango sempre in condizione accettabile.
È la pelle che deve essere tenuta d’occhio.
Poi c’è anche da tenere in considerazione la cifra modellistica di una persona. Chi rientra nella categoria “classica” – quella del fisico scolpito – deve fare un lavoro di mantenimento costante. Io essendo sempre comunque vestito; non dovendo mostrare addominali, e dovendo stare sempre col viso rivolto verso la macchina fotografica, non devo essere sovrappeso, ecco.
Aggiungiamo poi che, se la moda ha come finalità la comunicazione dell’idea di perfezione, legata ai propri prodotti, per poterli commercializzare al meglio; spesso la tua sola apparenza fisica può non essere sufficiente all’occhio della telecamera. Se la foto potrà essere manipolata in post-produzione dipende da molti altri fattori, brand o dal modello in questione (a molti può non andare bene). Comunque non è possibile saperlo a priori.
A me non interessa, non rimetto mai mano a foto che faccio per lavoro, termina tutto davanti alla camera. Però, sì, non mi presenterei a un casting con un’occhio nero sperando di lavorare, ritocchi o meno, conviene sempre fare attenzione al proprio corpo.
Quali possono essere gli sbocchi post-carriera?
Finita la carriera da modello molti continuano a lavorare nell’ambiente. Una scelta molto bersagliata è quella del booker / scouter; una persona che lavora per un’agenzia e che si occupa di trovare altri potenziali modelli di cui poi diventare agente. Li però scommetti sulla possibilità che loro possano avere il volto giusto che serve per lavorare; non puoi andare a caso, una persona deve possedere un tratto particolare. Molti fanno anche i fotografi, altri aprono direttamente un’agenzia. Il cash che fai sfilando non è facilmente ipotizzabile, considera che è comunque tutto al lordo e da dividere con l’agenzia. Si va da poche centinaia di euro fino anche alle migliaia, se, per esempio, un brand compra la tua esclusiva; che so, magari per la Settimana della Moda a Milano tu sfilerai solo per loro.
Era come te lo aspettavi il lavoro come modello?
Avevo un’idea popolare del lavoro di modello.
Arrivi, ti truccano, in un quarto d’ora hai fatto il tuo e tanti saluti. Invece tutto può protrarsi tranquillamente per una giornata intera. Magari capiti in mezzo ad una faida tra il direttore artistico ed il fotografo; che hanno opinioni diverse su quale espressione meriterebbe di più. E mentre loro stanno a litigare, tu vorresti solo tirare testate nel muro, perché dovresti essere ad un altro casting.
Non parliamo poi dei tempi morti di attesa tra una cosa e l’altra. Si, la musica aiuta, football manager aiuta, ma poi subentra l’ansia di rispondere in modo giusto alle aspettative, altrimenti poi non si lavora. La permanenza prolungata in un Paese di cui non parli la lingua ti può acuire il senso di lontananza tra te e quelli che ti circondano; e per l’umore non è il massimo. Però, insomma, che ci si può fare, il lavoro è anche questo. Come si dice in Inglese: “it is what it is”.
Mi sembra che abbiamo detto tutto, saluto i lettori di Gold
Bella a tutti i lettori di Gold
Intervista di Alessandro Lucherini