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Cosa fare per cambiare (3 di 3)



Eccoci al terzo e ultimo (per ora) appuntamento dedicato al cambiamento.
Abbiamo pensato bene a cosa vogliamo cambiare.
Abbiamo individuato le resistenze che impediscono il cambiamento, magari abbiamo scoperto che sono proprio le nostre strategie ridondanti (e fallimentari) a mantenere invariata la situazione.
E’ il momento di mettere sul tavolo delle idee.
E come si fa, di fronte a una situazione bloccata, a farsi venire una buona idea?
Per fortuna esistono delle tecniche specifiche molto efficaci, testate su migliaia di casi diversi, che possono aiutarci.

1- LA TECNICA DELLO SCALATORE

Non tutti sanno che le guide alpine costruiscono i percorsi delle scalate partendo dalla cima.
Partendo dal traguardo, si chiedono “dove devo essere per trovarmi a un passo prima della cima?” e vanno a ritroso fino a trovare il primo passo per iniziare la scalata.
Penso sia chiaro a tutti che il primo passo è sempre il più difficile quando si affronta un problema, un progetto, un cambiamento.
Questa tecnica di permette di individuare il più piccolo cambiamento possibile dal quale iniziare, quel fiocco di neve che inizia a rotolare fino a diventare valanga.
Questo tipo di cambiamento si chiama “geometrico-esponenziale” e ha un pregio importantissimo: aggira le resistenza iniziale al cambiamento, proprio perché individua il più piccolo passo possibile.

Piccola parentesi
E’ importantissimo tenere presente che l’atteggiamento TUTTO O NIENTE è meglio lasciarselo alle spalle, anzi buttiamolo via proprio.
Gli ideali devono servire da ispirazione, ma solo i Sith ragionano per assoluti (cit. Obi-Wan Kenobi), e infatti sono brutta gente (magari su questo scriverò un articolo in futuro).
Chiusa paretesi.

2 – Lo scenario al di là del problema

Quando il blocco è imponente e spegne ogni idea o iniziativa, anche la tecnica dello scalatore può essere troppo difficile da realizzare.
Ricorriamo allora a questa tecnica che si basa sul farsi questa domanda: “quale sarebbe la situazione un volta raggiunto il mio obbiettivo?
Cosa farei di diverso nella mia vita? Cosa farebbero di diverso le persone intorno a me? Cosa smetterei di fare, o di pensare?”.
Di nuovo, l’obbiettivo di un cambiamento deve guardare oltre il “non ne posso più”, e visualizzare uno scenario dettagliato della nuova situazione che si vuole ottenere.
Si usa dire “attento a ciò che desideri”.
Perché tendiamo a idealizzare una cosa, per poi scoprire che non era quello che volevamo.
Una volta trovata una risposta, inizia la fase di azione.
Inizio a fare ogni giorno “come se” fossi già al di là del problema.
Scelgo la più piccola (e mi raccomando: la più piccola) azione diversa che metterei in atto e la realizzo.

3 – Come peggiorare

Questo è uno dei meccanismi paradossali che amo di più perché mi permette di trattare problemi molto gravi in tempi molto rapidi, come attacchi di panico, fobie ed altri blocchi mentali.

I risultati che si ottengono hanno qualcosa di eccezionale.

La mattina ci si sveglia e ci si chiede: “se volessi peggiorare la mia situazione, cosa dovrei fare, o smettere di fare? Cosa dovrei pensare o smettere di pensare?“.
Fatto questo, ogni giorno scrivo le idee che mi sono venute in mente per assicurarmi un fallimento.
Una delle peculiarità di questa tecnica è che crea una naturale avversione verso quelli che sono gli aspetti non funzionali del nostro comportamento.
Porta la mente in luoghi inesplorati che ci sfuggono quando, con la testa tra le mani, arranchiamo per trovare la scelta giusta.
Se vuoi imparare a raddrizzare una cosa, impara prima a storcerla di più” dice la saggezza orientale.
Molti inventori famosi usavano questa tecnica. Uno dei più illustri era Edison, che realizzò migliaia di prototipi intenzionalmente fallimentari per riuscire a creare una tecnologia completamente nuova: la lampadina (io comunque ho sempre tifato per Tesla, sia chiaro).

In questa serie di articoli vi ho potuto solo mostrare un assaggio di quelle che sono le tecniche di cambiamento strategico, ma ne potete cogliere l’essenza: mantenere un atteggiamento orientato al “come” piuttosto che ai “perché”
(ripetiamolo ancora una volta: Il colpevole punito non risolve il problema).
Un atteggiamento flessibile piuttosto che una forma rigida, come il Jeet-Kune-Do di Bruce Lee. Un atteggiamento che non subisce i paradossi della nostra mente ma li sfrutta a proprio vantaggio.

Visto che l’argomento è immenso, per chi volesse chiarimenti o fare richieste per i prossimi articoli, scrivetemi senza indugio a: aiazziandrea77@gmail.com

Alla prossima settimana!