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SARAH CONNOR MUST DIE
VARIE

Ecco una gioia!



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Cielo incerto su Firenze, promette fugaci raggi e deturpa il piacere con l’indecisa minaccia di due gocce di pioggia.

Non c’è modo di rilassarsi, le 15:00 arrivano lentamente, scandite da ipotesi fiorentine di disfatta, un “mai una gioia” nascosto dietro l’angolo che non ci sentiamo proprio di cancellare.

Noi, uomini pronti a tutto, con una mappa di cicatrici a decorare le pareti dello stomaco, affreschi realistici di un passato doloroso.

Dal punto di vista sportivo ovviamente, ma il confine è più sottile di quanto si pensi e non perché la nostra fede sia patologica, ma per quella concretezza incomprensibile che accompagna i sentimenti, mai così importanti da giustificare devastanti stati d’animo, però è sempre dall’esterno che arrivano le critiche, noi che il cuore ce lo mettiamo, in quella così poco etica sfera, rischiamo sul serio di rimetterci una discreta dose di buon umore.

Allora anche l’attesa assume contorni diversi, il trascorrere del tempo si fa percepire con innaturale lentezza e c’è scaramanzia in ogni gesto. Il cibo non ha sapore, entra in corpo col solo scopo di riempire, il gusto è un senso che può attendere, non è oggi che vedrà la propria gloria.

Sul divano sprofondano i sederi di una massa indistinta di persone, massificazione positiva propiziata da un comune desiderio.

Novanta minuti di esatta uguaglianza, gesti sincronizzati e imprecazioni condivise, una macchia indistinta dal colore viola.

Poi inizia il ballo, qualche fischio e una masochistica attenzione alla sponda milanese, come se la cosa ci interessasse.

In realtà per un bel pezzo ci ha pure riguardato, quarantacinque minuti, per dirla con precisione, durante i quali una delle tante zebrate della massima serie ci porgeva un preziosissimo e assolutamente non richiesto regalo, stupido io a pensare che il nostro avvenire dipendesse da terzi, cosa plausibile negli anni passati, ma non in questo maledetto 2008.

Infine “l’apoteosica” conclusione del sinfonico orchestrare, Osvaldo show e la palla sgretola un’idea, lo fa con chirurgica precisione, andando a disintegrare una mitologia creduta infrangibile e d’improvviso non è più un sogno, non c’è il terrore del risveglio. Come direbbe l’odiato Altafini questa è realtà “amisci”.

Prendetevi questa gioia brutti gufi!

Forza Violaaaaaaaaaa!!!!